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martedì 15 luglio 2008

Foto-intervista a Lorenzo Cicconi Massi

Pubblicato su Dentro al Replay il 28/01/2008


Due chiacchiere con Lorenzo Cicconi Massi, classe 1966, fotografo e regista.
Lorenzo Cicconi Massi nasce a Senigallia dove tuttora vive; nel 1991 discute la tesi di laurea in sociologia "Mario Giacomelli e il gruppo Misa a Senigallia".
Comincia il suo lavoro di ricerca fotografica in bianco e nero, contemporaneamente realizza i primi cortometraggi a basso costo, premiati in alcuni festival e poi trasmessi da Tele+ e Rai.
Nel 1999 ottiene il primo premio al concorso Canon; dal Gennaio del 2000 è uno dei fotografi dell'Agenzia Contrasto.
La sua ricerca si sviluppa e trae suggestioni per lo più posando lo sguardo sulle realtà umane e paesaggistiche della sua terra.
I suoi lavori vengono premiati in numerosi concorsi, pubblicati dalle maggiori testate italiane ed esposti in due personali alla Treffpunkt Galerie di Stoccarda e allo Stadthaus di Ulm.
Dal 2006 alcune sue stampe fanno parte della collezione di Forma, prestigioso centro per la fotografia di Milano e della galleria americana di Nile Tuzun.
Nel 2007 è premiato nella sezione "sports features singles" al World Press Photo, con un lavoro sui giovani calciatori cinesi.
Nella primavera del 2007 riceve il premio G.R.I.N.
Nel maggio 2007 espone a Palazzo del Duca di Senigallia la mostra "Viaggio intorno a casa", con catalogo edito da Contrasto.
La stessa mostra viene esposta nell'ottobre 2007 al centro Forma di Milano.
Come regista esordisce nel 2007 con il lungometraggio "Prova a volare" che ha fra gli interpreti Riccardo Scamarcio, Alessandra Mastronardi, Ennio Fantastichini e Antonio Catania.



Lorenzo Cicconi Massi: chi è?
Un senigalliese, che ha la fortuna di guardare il mare dando le spalle alle colline più belle del mondo.

E' nato prima il fotografo o il regista? Ci racconti gli inizi e quale è stata la tua evoluzione artistica?
Di sicuro il regista! Ho cominciato nel 1982 con la videocamera che prendevamo di nascosto ad Edmo Leopoldi, per girare i nostri video demenziali, con il figlio Amleto, Corrado Bacchiocchi e Paolo Fornaroli, che è diventato poi mio stretto collaboratore.

Anni passati a sperimentare inquadrature, a inventare scene, una passione fortissima.

Nel 1987 ho comiciato a scattare le prime foto e anche lì è stato fondamentale l'utilizzo, sempre gratuito, della camera oscura nel retro di "Foto Leopoldi":
scoprivo il mondo dello sviluppo, della stampa, della magia della luce.

Nel 1989, vedendo i bimbi vestiti di bianco al compleanno di mio fratello, ho sentito l'esigenza di raccontare il loro gioco spensierato; quella serie dal titolo "le strade per giocare"
rimane una delle mie intuizioni più felici.



dalla serie "le strade per giocare"

Per ogni fotografo che viva a Senigallia è inevitabile scontrarsi e confrontarsi con l'opera di Mario Giacomelli, e tu sei stato definito da più parti il suo "erede naturale" anche a causa del tuo stile caratterizzato da forti contrasti, da figure in controluce e soggetti illuminati in maniera forte e diretta, nonché dallo stesso forte attaccamento alla vostra terra di origine, le Marche. Quale è stato il tuo rapporto col Maestro e cosa rispondi a chi ti paragona a lui?
Sono andato in cerca di Giacomelli e del suo pensiero, con l'umiltà di chi sa di scendere nel campo di un maestro assoluto.

Con lui ho avuto incontri occasionali, sempre presso lo studio di Leopoldi, ma anche appuntamenti nella suo angolo in tipografia dove gli mostravo qualcosa di quello che facevo, ma più che altro avevo piacere ad ascoltare i suoi racconti.
Il paragone con lui mi lusinga e mi imbarazza, ma credo che, se anche ci sono radici territoriali comuni e tratti stilistici similari, i nostri sono due mondi lontani più di quello che si creda.

Comunque lasciamo perdere i paragoni giornalistici: Mario è una leggenda, io solo uno che ha dimostrato di valere qualcosa.


dalla serie "paesaggi delle Marche"

Che attrezzatura fotografica e quali ottiche usi abitualmente per lavoro? Quanto tempo dedichi alla camera oscura?
Uso una Yashica Matt 124, vecchia di 40 anni, e una Pentax 6x7.
Cerco di non far sentire troppo la presenza della lunghezza focale, soprattutto del grandangolo spinto, mi sembra una forzatura visiva che spesso toglie equilibrio e rigore compositivo; prediligo ottiche che vanno dal 35 al 50 mm. (nello standard del 24x36).
Stampo ogni foto personalmente, non ne potrei fare a meno: la camera oscura è un momento in cui si può stravolgere la foto e quello che si vuole dire con essa.
A volte proietto il negativo grandissimo e ci metto molto tempo a trovare la nuova composizione all'interno di esso, cerco sempre qualcosa che ad un primo sguardo non avevo visto.



dalla serie "le giovani famiglie"

Quali fotografi del passato, o ancora in vita, hanno influenzato maggiormente il tuo modo di fotografare? E quali ammiri in modo particolare?
Ne ammiro moltissimi, ma non credo che ci siano alcuni che mi abbiano influenzato al punto da sentirli come riferimenti; o meglio, tutti forse siamo influenzati dai maestri visto che li studiamo e nutriamo il nostro spirito anche grazie alle loro opere.

Su quali libri o riviste sono state pubblicate le tue immagini? E presso quali gallerie è possibile ammirare le tue foto?
Ho pubblicato foto nei libri di "Contrasto", partecipando sempre con più fotografi: da "Eurogeneration" del 2003, a "Paesaggio prossimo" sulla provincia di Milano.

E' di prossima uscita un libro scritto da Antonio Pascale dal titolo "Solo in Italia" con contributi fotografici miei e di altri tre colleghi.

Le riviste che hanno pubblicato le mie foto sono un po' tutte quelle del panorama italiano: Sette, Ventiquattro, Il Venerdì, Panorama, Io Donna, Anna ecc... e poi alcune riviste francesi, come Images Magazine, Réponsès photo.

A Senigallia alcune mie stampe si trovano presso la galleria "Portfolio", a Milano presso "Forma", e infine alla "Nile Tuzun Gallery" a S.Francisco.




dalla serie "eurogeneration"

Qual'è lo scatto al quale sei particolarmente legato e per quale motivo?
Questa: è una delle prime immagini che ho scattato ed anche una delle più apprezzate in generale.

dalla serie "le strade per giocare"

Ora quel muro della vecchia palestra di Ragioneria a Senigallia non esiste più, le sue screpolature che assomigliavano ad una cascata di stelle sono state coperte. Forse è da questa foto che è nata la voglia di andare oltre quello che la realtà ti presenta, scoprirlo con la pellicola e la camera oscura, dare inizio ad un lavoro che non sai dove ti porterà.

Come sei arrivato a lavorare con l'Agenzia Contrasto?
Mi hanno contattato dopo la vittoria al premio Canon del 1999; io muovevo i primi passi ed a dire la verità non sapevo nemmeno chi fossero loro.
Una bella scoperta per me, quelle cose che ti cambiano la vita, e se ancora non mi hanno sbattuto fuori vuol dire che sto facendo discretamente.



dalla serie "corporate"

Nonostante tu non sia un fotografo che fa reportage, sei stato ugualmente inviato dall'Agenzia Contrasto a Pechino, a fotografare la scuola per giovani calciatori dalla quale usciranno i campioni del futuro: raccontaci le difficoltà incontrate in Cina per effettuare il servizio, e qualche aneddoto curioso legato a questa esperienza.
Lavorare in Cina non è stato facile, perchè la mentalità e le regole in vigore sono molto severe e diverse dalle nostre.

E' stato fatto un lungo lavoro diplomatico, sempre attenti a non chiedere troppo e non urtare la loro disponibilità.

Ho avuto pochissimi giorni, direi poche ore, per effettuare gli scatti, tanto che il progetto base è stato integrato con quello dei giovani cinesi; li fotografavo incontrandoli negli hutong del centro o nelle immense periferie dove lo scenario cambiava di settimana in settimana, tanta era la velocità di costruzione di strutture e palazzi.



dalla serie "giovani cinesi"

Come è nata la foto che ti ha regalato il terzo premio al World Press Photo?

Dopo 4 o 5 ore passate a vedere i ragazzi allenarsi non avevo ancora trovato qualcosa che mi stimolasse davvero; continuavo a vedere solo maglie bianche che si muovevano disordinatamente sul fondo verde del prato.


Quando l'allenatore mise la squadra in ordine sparso per esercizi di palleggio, mi sono buttato a terra e cercando il controluce ho avuto la fortuna di scattare con l'equidistanza perfetta dei palloni dalle teste: i palloni sono sospesi come dei pianeti nello spazio, i corpi tesi e contorti a cercare l'equilibrio perfetto.
Una buona intuizione e un po' di fortuna.


Quali altri riconoscimenti hai ottenuto, oltre al già citato World Press Photo? E quali conseguenze hanno avuto sulla tua attività professionale?
Certamente il premio Canon, poi il premio città di Verona, e infine nella primavera del 2007 il prestigioso premio G.R.I.N., indetto dai migliori photoeditor italiani; averlo vinto è una sorta di consacrazione quantomeno nel mondo giornalistico.
Questo lavoro, il mio lavoro, anche se io continuo a non pensarmi come ad un professionista (parola che non mi si addice), si nutre dei riconoscimenti che ti vengono assegnati.
Con i premi ti riconoscono come autore, ma soprattutto, ed è questa la cosa che mi interessa di più, eviti di perdere autonomia e libertà nei lavori commissionati.

Il tuo film "Prova a volare" ha avuto una gestazione molto travagliata, ed è arrivato nelle sale cinematografiche solo quattro anni dopo la sua realizzazione. Come hai anche ammesso di persona in un'intervista, gran parte del merito dell'uscita del film va al successo che Riccardo Scamarcio ottenne negli anni successivi alla realizzazione della pellicola; ma l'attore ha sempre rinnegato la sua partecipazione e si è sempre reso indisponibile a farsi intervistare o intervenire alle proiezioni del tuo film.
Gioie e amarezze: cosa ti ha lasciato dentro l'esperienza come regista di un lungometraggio? Un sogno realizzato, un traguardo raggiunto o una base di partenza verso nuovi progetti?
Un'esperienza di grande sofferenza, un continuo lavoro su me stesso per le continue iniezioni di fiducia e tranquillità di cui avevo bisogno.
Accarezzare un sogno di una vita, vederlo realizzato, e poi trovarsi imprigionato nel marasma di disonestà e in cui sprofonda il cinema italiano, è stato durissimo.
Come altre volte, mi ha salvato la fotografia e le gioie che ne ricevevevo.
Spero che l'uscita del film e il buon successo che sta avendo nell'home video sia la base per altri progetti, non mi vedo a fare altro: sempre dietro un mirino devo stare per sentirmi bene.


Se ti chiedessi di raccontare una storia o con un film o con 10 fotografie, quale scelta faresti? Chi "comanda" nella tua testa, il regista o il fotografo?
Una storia la racconterei con un film. La fotografia è una faccenda più intima, più legata alla mia storia, che a quella di altri.

Ti va di scegliere uno scatto dal tuo portfolio e di raccontarci "cosa c'è dietro"?

E' più importante sapere cosa c'è dentro una foto, o una serie; comunque sarei molto curioso di sentire dagli altri quello che hanno da dire guardandola...


Questa foto è nata ispirandosi ad un catalogo di Klimt che avevo appena visto.
Ho disegnato quella specie di arzigogoli su un pezzo di negativo trasparente, quella parte in fondo al rullo che non prende luce, e poi ho proiettato il disegno su Marta con un diaproiettore.
La forza dell'immagine è data dalla dinamismo delle linee e da quelle due scie luminose che partono dalle sue pupille.
Ho usato un 30esimo di secondo, il tempo con cui scatto quasi tutte le mie foto.



dalla serie "un altro mondo"

Per concludere, lascia un pensiero o alcuni consigli a chi si avvicina oggi al mondo della fotografia.
Lascio un pensiero, è meno antipatico di un consiglio.
Ogni espressione artistica è tanto più significativa quanto più viene dal profondo di noi stessi; bisognerebbe non perdere mai lo "sguardo puro" e, insieme, sviluppare una coscienza critica feroce verso se stessi.
Io ci sto provando.

Un grazie a Libero e a tutti voi per avermi ascoltato.



dalla serie "fedeli alla tribù"

Fotografie: © Lorenzo Cicconi Massi

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