Libero Musetti: chi è?
[nella foto: Libero Musetti ritratto da F.Maffei]
Sono nato a Offenbach am Main, in Germania, il 22 gennaio 1963 e, nella vita, lavoro come Sommelier in un noto ristorante di Forte dei Marmi. Mi sono avvicinato alla fotografia nel 1989 ed ho avuto la fortuna di avere per Maestro il grande Paolo Pellegrineschi, dal quale ho appreso la tecnica fotografica, assimilandone la profondità di pensiero. Nel 1994 ho fondato il Circolo Fotografico “L’Altissimo” del quale sono stato Presidente dal 2002 al 2012 ed è sotto la mia guida che riceve dalla FIAF il prestigioso riconoscimento di Benemerito della Fotografia Italiana. Sono stato l’ideatore ed il direttore artistico, per nove anni, della manifestazione “Seravezza Fotografia”, che è diventata, nel tempo, una delle principali rassegne fotografiche nazionali, portandovi ad esporre i più grandi nomi della fotografia mondiale quali Walter Rosenblum, Gianni Berengo Gardin, Erwin Olaf, Joel Peter Witkin, James Nachtwey e Roger Ballen. Lasciata la direzione di Seravezza Fotografia, nel 2011 ho dato vita al primo “Riomagno Foto Festival”, giunto, nel 2012, alla seconda edizione e che si appresta a diventare un appuntamento fisso nell’estate versiliese e per la fotografia italiana. Sono socio della Federazione Italiana Associazioni Fotografiche e della Fédération Internationale de l’Art Photographique. Quest’anno, nel 2012, sono stato insignito dalla FIAF dell’onorificenza di Benemerito della Fotografia Italiana, in segno di stima per il pluriennale impegno a favore della fotografia.
Sono nato a Offenbach am Main, in Germania, il 22 gennaio 1963 e, nella vita, lavoro come Sommelier in un noto ristorante di Forte dei Marmi. Mi sono avvicinato alla fotografia nel 1989 ed ho avuto la fortuna di avere per Maestro il grande Paolo Pellegrineschi, dal quale ho appreso la tecnica fotografica, assimilandone la profondità di pensiero. Nel 1994 ho fondato il Circolo Fotografico “L’Altissimo” del quale sono stato Presidente dal 2002 al 2012 ed è sotto la mia guida che riceve dalla FIAF il prestigioso riconoscimento di Benemerito della Fotografia Italiana. Sono stato l’ideatore ed il direttore artistico, per nove anni, della manifestazione “Seravezza Fotografia”, che è diventata, nel tempo, una delle principali rassegne fotografiche nazionali, portandovi ad esporre i più grandi nomi della fotografia mondiale quali Walter Rosenblum, Gianni Berengo Gardin, Erwin Olaf, Joel Peter Witkin, James Nachtwey e Roger Ballen. Lasciata la direzione di Seravezza Fotografia, nel 2011 ho dato vita al primo “Riomagno Foto Festival”, giunto, nel 2012, alla seconda edizione e che si appresta a diventare un appuntamento fisso nell’estate versiliese e per la fotografia italiana. Sono socio della Federazione Italiana Associazioni Fotografiche e della Fédération Internationale de l’Art Photographique. Quest’anno, nel 2012, sono stato insignito dalla FIAF dell’onorificenza di Benemerito della Fotografia Italiana, in segno di stima per il pluriennale impegno a favore della fotografia.
Quando hai iniziato a fotografare?
La mia prima vera fotografia nasce nel 1989 ed è stata scattata nelle vicinanze di casa. Rimasi colpito da una statua in marmo bianco raffigurante la Madonna, legata per il collo con una fune di ancoraggio ad un automezzo e destinata al cimitero di Seravezza. Come una sorta di dialogo, vi erano, per sfondo, il muro di una modesta abitazione con una stesa di panni ad asciugare sotto ad una finestra. Vidi un muro degradato e martoriato, come un Cristo, col volto della Madonna sofferente in primo piano a proteggerlo. E scattai. Proprio questa immagine fu la prima fotografia ad essere ammessa ad un concorso nazionale.
Quale genere ti piace maggiormente fotografare?
Per natura sono un tipo che si fa poco i fatti propri, nell’accezione positiva del termine: sono curioso e, come mi è stato insegnato, la curiosità è una delle condizioni più importanti per la crescita di ogni fotografo. Amo fotografare di tutto, tutto quello che per me possa avere un senso. Anche la cosa più banale, se ben rappresentata attraverso il filtro del proprio vissuto e delle proprie sensazioni, può regalare un’immagine dalle forti emozioni.
Più di ogni cosa, però, amo fotografare l’uomo, in tutti i suoi aspetti. Nascono, così, i miei ritratti e le figure ambientate. Con ogni personaggio da me rappresentato si è sempre creata una sorta di complicità, in un sottile gioco di dare-avere interiore. Solo comprendendo l’animo umano si può amare tutto quanto lo circondi, la natura ed il Creatore.
Hai fatto qualche corso di fotografia?
Al terzo anno delle superiori avevo un professore di fisica, Renzo Belli, che tenne, per noi studenti, un breve corso di fotografia e che suscitò in me un certo interesse, rimasto sopito fino al 1988 quando, rincontrandolo, mi invitò a partecipare alle riunioni del fotoclub Viareggio, al quale apparteneva. E’ stata la partecipazione a quegli incontri che mi ha formato fino a che, poi, completamente rapito da questa Arte che volevo assolutamente approfondire, sotto suggerimento di un amico, mi sono rivolto a Paolo Pellegrineschi. Frequentai privatamente il suo corso, uscendo spesso a fotografare insieme. Paolo Pellegrineschi, classe 1922, è stato uno dei fotoamatori più importanti e creativi che la storia della fotografia italiana abbia mai avuto. La frequentazione di questo personaggio, collaboratore delle riviste Ferrania, Popular Photography, Tutti Fotografi ed altre ancora, mi ha permesso la totale assimilazione di quei dettami morali che hanno fatto del Pellegrineschi un guerriero di se stesso. Mi riferisco al concetto di “tuta protettiva”, all’essere “te stesso”, allo “sparare a zero” come unica e vera possibilità di esprimersi.
Quali sono i fotografi del passato e del presente che più apprezzi?
Quali sono i fotografi del passato e del presente che più apprezzi?
Il mio è un legame intenso e viscerale con tutto ciò che riguarda la fotografia. Dopo numerose letture di volumi riguardanti la storia della fotografia, i personaggi che mi hanno colpito in maniera più profonda sono David Octavius Hill, Gaspard-Félix Tournachon e Richard Avedon, maestri del genere che prediligo, i ritratti, Alfred Stieglitz, Edward Steichen e Paul Strand, per la fotografia americana. La Francia… chi non conosce ed apprezza i lavori di Henri Cartier-Bresson, Robert Doisneau e Willy Ronis?Per quello che riguarda la fotografia italiana sono molto legato ai fotografi del neorealismo, da Pietro Donzelli ad Alfredo Camisa per arrivare a Mario Giacomelli, straordinario!
Mi hanno appassionato, e continuano anche adesso, le scuole di pensiero di Cavalli e Monti, dei famosi anni de “La Bussola” e “La Gondola”.Il mio cuore batte anche per Ferdinando Scianna, straordinario interprete della fotografia italiana. Chiudo invitando i lettori ad entrare senza timore nell’incredibile mondo di Joel Peter Witkin, autore che da anni metto al primo posto nella mia graduatoria degli artisti di tutte le arti visive.
Che attrezzatura fotografica hai usato nel passato, e quale stai attualmente utilizzando?
Ho sempre utilizzato apparecchiature “entry level”, così si usa dire ai tempi di oggi! Odio i feticisti dell’apparecchio fotografico che ogni giorno lucidano l’obiettivo della preziosa “ammiraglia”. Non occorrono macchine fotografiche complesse, ricche di sofisticate ma inutili funzioni, per produrre buone immagini se manca la preparazione “tecnico-grammaticale” del fotografo.
Qual è lo scatto al quale sei particolarmente legato?
Qual è lo scatto al quale sei particolarmente legato?
Come uomo, mi ritengo una brava “mamma”. Le mie fotografie, come una sorta di figli e figlie, sono tutte belle e preziose, per me, ma anche una brava madre, inconsciamente, ha il proprio figlio prediletto: nel mio caso, la fotografia di ritratto.
Quali sono i tuoi progetti attuali e quali quelli per il futuro?
Dopo le fatiche di Seravezza Fotografia, che per ben nove anni ha assorbito molte energie, e dopo il non meno impegnativo e gratificante Riomagno Foto Festival, è necessario un momento di pausa e riflessione. Non nascondo l’interesse di esplorare fotograficamente lo straordinario e tormentato mondo del carcere e degli ospizi, ambienti pieni di vita e di sofferenza, di gioie passate e dolori, specchi di una società alla deriva.
Hai mai esposto le tue immagini in mostre fotografiche personali o collettive?
Sì. Numerosi sono i concorsi, le mostre personali e quelle collettive alla quali ho partecipato, anche all’estero. Ma la soddisfazione più grande è stata la fotografia di due gatti, raffigurati come “Dei egizi” sul davanzale di una finestra, esposta nella sala d’aspetto di uno studio veterinario, che è stata rubata da chi, probabilmente, l’ha voluta in bella mostra a casa propria.Tutto sommato “ogni scarafone è bello a mamma soja”…
Hai mai avuto riconoscimenti in concorsi fotografici o pubblicazioni delle tue foto su libri o riviste?
Raramente partecipo a concorsi fotografici. Ho ottenuto qualche riconoscimento anche importante, ho avuto foto pubblicate su riviste specializzate come Reflex, Tutti Fotografi, Foto Cult, Fotoit ed altre ancora. Ho realizzato diversi libri, alcuni di grandi autori di mostre da me organizzate, quali Nactwey e Ballen, e cinque composti da mie fotografie: “la Madonna del Soccorso”, “Il palio dei Micci”, “Fiumi della Versilia”, “Otto mesi Versilia” e l’ultima fatica “Libero Musetti fotografie”.
Quanto tempo dedichi alla fotografia?
Non tanto quanto vorrei. Anche se non passa giorno che non rivolga, anche solo per un minuto, il pensiero a scrivere con la luce.
Raccontaci un episodio curioso o simpatico legato alla tua esperienza.
Diversi sono stati i momenti che meriterebbero di essere citati. Quello che più mi è rimasto impresso è accaduto nel 1992, anno nel quale, dopo aver visto le foto di un amico, mi recai all’Isola Santa, un antico borgo della Garfagnana, alla ricerca del volto di una donna ultraottantenne, tale Vincenza, per gli amici “Vincenzina”. Era gennaio e faceva freddo. Arrivai con la macchina sul luogo e scesi le scale in pietra che conducevano al paese sul lago. Incontrai un personaggio che assomigliava vagamente a Tolstoj (col quale, fra l’altro, feci amicizia e che andai a trovare una volta l’anno ricevendo sempre in dono un sacchetto di noci del suo albero), al quale domandai dove potessi trovare la “Vincenzina”. Mi rispose: -“Senti questi campanacci? Là è la Vincenza con le sue capre”. Percorrendo il sentiero di ciottoli sconnessi, sfortunatamente caddi su di un escremento animale ma, deciso nel mio intento, proseguii il mio tragitto fino ad incontrare la donna. Mi presentati e le chiesi di farsi fotografare perché molto interessato al suo bellissimo volto. Mentre parlavamo e lei mi raccontava della sua grama vita, accadde un qualcosa di divertente: la Bianchina, la capra più anziana, sentendo l’odore che avevo addosso dopo la “caduta” di pochi minuti prima, iniziò a strusciarsi a me come un gatto quando fa le fusa. Ero vestito con jeans ed una maglia di lana verde. Non sto a dirvi quanti peli di capra si infilarono nelle trama del tessuto dell’indumento e che, probabilmente, un montone, al mio confronto, sarebbe stato profumato come un “fiorellino”. Scattai un intero rullino Ilford HP5, la pellicola che ho sempre adoperato, fedele compagna della mia tank. Ringraziandola per la disponibilità e l’accoglienza, ritornai alla mia auto decidendo di salirvi solo con gli slip e la maglietta intima, riponendo gli abiti nel portabagagli perché sporchi e maleodoranti. Accendendo il riscaldamento al massimo, tornai a casa accolto da una sonora risata. Un’esperienza indimenticabile che rimarrà indelebile nella mia mente. Quest’anno, ad agosto, sono andato a rendere omaggio alla tomba di questa donna meravigliosa che, all’epoca, campava con dodicimila lire di pensione.
Hai mai esposto le tue immagini in mostre fotografiche personali o collettive?
Sì. Numerosi sono i concorsi, le mostre personali e quelle collettive alla quali ho partecipato, anche all’estero. Ma la soddisfazione più grande è stata la fotografia di due gatti, raffigurati come “Dei egizi” sul davanzale di una finestra, esposta nella sala d’aspetto di uno studio veterinario, che è stata rubata da chi, probabilmente, l’ha voluta in bella mostra a casa propria.Tutto sommato “ogni scarafone è bello a mamma soja”…
Hai mai avuto riconoscimenti in concorsi fotografici o pubblicazioni delle tue foto su libri o riviste?
Raramente partecipo a concorsi fotografici. Ho ottenuto qualche riconoscimento anche importante, ho avuto foto pubblicate su riviste specializzate come Reflex, Tutti Fotografi, Foto Cult, Fotoit ed altre ancora. Ho realizzato diversi libri, alcuni di grandi autori di mostre da me organizzate, quali Nactwey e Ballen, e cinque composti da mie fotografie: “la Madonna del Soccorso”, “Il palio dei Micci”, “Fiumi della Versilia”, “Otto mesi Versilia” e l’ultima fatica “Libero Musetti fotografie”.
Quanto tempo dedichi alla fotografia?
Non tanto quanto vorrei. Anche se non passa giorno che non rivolga, anche solo per un minuto, il pensiero a scrivere con la luce.
Raccontaci un episodio curioso o simpatico legato alla tua esperienza.
Diversi sono stati i momenti che meriterebbero di essere citati. Quello che più mi è rimasto impresso è accaduto nel 1992, anno nel quale, dopo aver visto le foto di un amico, mi recai all’Isola Santa, un antico borgo della Garfagnana, alla ricerca del volto di una donna ultraottantenne, tale Vincenza, per gli amici “Vincenzina”. Era gennaio e faceva freddo. Arrivai con la macchina sul luogo e scesi le scale in pietra che conducevano al paese sul lago. Incontrai un personaggio che assomigliava vagamente a Tolstoj (col quale, fra l’altro, feci amicizia e che andai a trovare una volta l’anno ricevendo sempre in dono un sacchetto di noci del suo albero), al quale domandai dove potessi trovare la “Vincenzina”. Mi rispose: -“Senti questi campanacci? Là è la Vincenza con le sue capre”. Percorrendo il sentiero di ciottoli sconnessi, sfortunatamente caddi su di un escremento animale ma, deciso nel mio intento, proseguii il mio tragitto fino ad incontrare la donna. Mi presentati e le chiesi di farsi fotografare perché molto interessato al suo bellissimo volto. Mentre parlavamo e lei mi raccontava della sua grama vita, accadde un qualcosa di divertente: la Bianchina, la capra più anziana, sentendo l’odore che avevo addosso dopo la “caduta” di pochi minuti prima, iniziò a strusciarsi a me come un gatto quando fa le fusa. Ero vestito con jeans ed una maglia di lana verde. Non sto a dirvi quanti peli di capra si infilarono nelle trama del tessuto dell’indumento e che, probabilmente, un montone, al mio confronto, sarebbe stato profumato come un “fiorellino”. Scattai un intero rullino Ilford HP5, la pellicola che ho sempre adoperato, fedele compagna della mia tank. Ringraziandola per la disponibilità e l’accoglienza, ritornai alla mia auto decidendo di salirvi solo con gli slip e la maglietta intima, riponendo gli abiti nel portabagagli perché sporchi e maleodoranti. Accendendo il riscaldamento al massimo, tornai a casa accolto da una sonora risata. Un’esperienza indimenticabile che rimarrà indelebile nella mia mente. Quest’anno, ad agosto, sono andato a rendere omaggio alla tomba di questa donna meravigliosa che, all’epoca, campava con dodicimila lire di pensione.
Che il tempo che ho impiegato è stato ben speso. Ogni immagine fa parte della mia vita e come tale è preziosa. Ogni personaggio che ho fotografato mi ha arricchito interiormente e ne ho un ricordo indelebile.
Dove sono pubblicate, sul web, le tue foto?
Non sono un mercenario del Web, frequento “MicroMosso”, che ritengo uno straordinario luogo ludico, dove caricare fotografie e fare qualche battuta con amici anche sconosciuti.Sto lavorando alla realizzazione del mio sito personale che da gennaio 2013 sarà online:
Dove sono pubblicate, sul web, le tue foto?
Non sono un mercenario del Web, frequento “MicroMosso”, che ritengo uno straordinario luogo ludico, dove caricare fotografie e fare qualche battuta con amici anche sconosciuti.Sto lavorando alla realizzazione del mio sito personale che da gennaio 2013 sarà online:
Un pensiero a chi si avvicina ora al mondo della fotografia.
Indirizzare un neo-fotografo sulla strada giusta è sempre un compito arduo. Chiunque abbia appena acquistato il suo primo apparecchio fotografico ha già la testa stracolma dei consigli dispensati gratuitamente dal negoziante e dall’amico esperto… spesso inutili! Per quanto banale, il primo suggerimento che mi sento di dare è quello di leggere attentamente il libretto di istruzioni della macchina fotografica appena comprata! Vorrei, però, soprattutto, dare risalto a quello che il Maestro Paolo Pellegrineschi ha sempre cercato di trasmettere (e nel mio caso c’è completamente riuscito): il concetto di “tuta protettiva”, di “essere se stessi” e di “sparare a zero”. Tre consigli che partono dal crearsi una “corazza” costruita sulle proprie convinzioni e necessità espressive, per respingere fortemente l’appiattimento sui generi di moda, sui trend del momento, difendendo la “libera scelta” che allontana da sé la “brutta copia delle iniziative altrui”.Altro suggerimento a chi si avvicini al mondo della fotografia è quello di studiarne le regole tecniche e compositive fondamentali, “insostituibili suggeritori per il creatore di immagini”, mettendo, comunque, sempre al centro dell’attenzione l’idea eterna ed unica della “creatività”. Vi sono, poi, tre pericoli che un fotografo deve evitare, sempre secondo gli insegnamenti di Pellegrineschi, che ho fatto miei e che, quindi, ripropongo a mia volta... Il primo è “sopravvalutare l’operato altrui”, che porta alla perdita della propria “VIA MORALE”, portando all’impersonalità e alla non-autenticità. Il secondo pericolo è quello dei cosiddetti “manovratori di professione”, quelli che Pellegrineschi definiva “ex-fotografi che, abbandonati la tank e l’apparecchio fotografico, si sono accorti che, con la penna, la fotografia la si fa come si vuole”. Il terzo ed ultimo è il “carosello dei premi” ed è qui, più che altrove, che può verificarsi “l’allontanamento da se stessi”, dove, per vincere e farsi premiare, si rischia di abbandonare il proprio percorso, creato principalmente dalle proprie emozioni e dal proprio vissuto, per deviare su percorsi di tendenza, dando vita ad una “maccheronica kermesse di cose già viste e riprese”. Insomma, occorre sempre rimanere se stessi, mantenendo integra la propria anima creativa…
Vuoi concludere con un saluto o un ringraziamento?
Ringrazio tutti i fotografi che sono presenti all’interno dei miei circa trecento libri fotografici e dai quali ognuno ha dato un contributo alla mia formazione di fotografo. Un sincero ringraziamento anche a Libero Api che con il suo paziente lavoro si dimostra un cultore della fotografia vera.
Le interviste ai "Fotografi nel Web" sono una rubrica del blog: Dentro al Replay
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