Enrico Gori: chi è?
Un fotografo per passione e un po’ per eredità: mio padre era un fotografo molto bravo. Sono toscano di Grosseto e vivo a Bologna da diverso tempo. Ho sessanta anni; sono un medico e fino a due anni fa mi sono occupato di medicina del lavoro e prevenzione. Dal 2006 sono in pensione e ho modo di dedicarmi maggiormente alle mie passioni, la fotografia, i viaggi e l’impegno documentativo-sociale, che diverse volte riesco a coniugare con le mie competenze igienistiche.
(la foto del profilo è di Paolo Perbellini)
Da qualche anno faccio parte di "Whitetara Productions", una piccola onlus-casa di produzione video che realizza documentari ed inchieste su realtà socialmente rilevanti in varie parti del mondo, in modo indipendente. Insieme abbiamo fatto tre viaggi che hanno portato alla realizzazione di tre documentari-inchiesta. In Ghana, presso un campo di rifugiati della Liberia e della Sierra Leone, abbiamo cercato di documentare le difficilissime condizioni quotidiane ed il problematico reinserimento nella vita civile degli ex-soldati bambino, in una situazione in cui il ruolo a volte non lineare giocato da alcune onlus e dal Commissariato ONU per i rifugiati, unito ai livelli di corruzione diffusi nel paese, non aiutano certo la soluzione di problemi già di per sé più che aggrovigliati. Nel marzo dello scorso anno siamo stati invitati, da parte dei fondatori, a visitare un centro di raccolta di bambini di etnia Akha nel nord della Tailandia, in modo da documentare la loro attività e per sostenere, tramite un documentario, la richiesta di donazioni per quella istituzione. In realtà ci siamo trovati di fronte ad una realtà molto ambigua: oltre 300 bambini di età dai 5 ai 12 anni circa, guidati da solo 4 adulti; i bambini, pur frequentando la scuola, presso il centro, fanno lavori anche pesanti e pericolosi (scavo, muratura, smerigliatura, cucina...) senza supervisione, con la spiegazione ufficiale di imparare un mestiere. Inoltre i bambini vengono allontanati dalla peculiare cultura e dalle tradizioni del popolo Akha, vengono iniziati al cristianesimo evangelico e non si riesce a capire che destino avranno. Il caso è stato dibattuto sul web, è stato anche oggetto di una trasmissione su radiorai, alcuni sostengono che i fondatori della comunità si intascano buona parte dei proventi delle donazioni per il mantenimento dei bambini. Lo scorso dicembre per alcuni giorni siamo stati presso il quartiere rom della cittadina di Samokov, in Bulgaria. Ci avevano invitato alcuni rappresentanti della comunità, per denunciare le difficili e discriminatorie condizioni di vita dei rom: il quartiere è in sfacelo, molte case fatiscenti, quasi ogni primavera è soggetto agli straripamenti di un torrente, anche chi vuole trovare un lavoro (si tratta di cittadini bulgari, non nomadi) è discriminato, molti bambini non vanno a scuola. Per chi fosse interessato, sappia che su www.whitetara.org sono visibili clip, informazioni e foto sul lavoro di Whitetara Productions.
Quando hai iniziato a fotografare?
Ho iniziato a fotografare da bambino, in casa mia la macchina fotografica era un oggetto familiare: mio padre usava diverse Rolleiflex e Rolleicord e vari banchi ottici.
Quale genere ti piace maggiormente fotografare?
Preferisco senz’altro il reportage sociale; cerco di esprimere fotograficamente il coinvolgimento emotivo di fronte a realtà a volte estreme e mi illudo di contribuire ad un cambiamento. Mi piace anche sperimentare con il mosso applicato alla danza, è un percorso che seguo e sviluppo da qualche anno e che mi intriga molto.
Hai fatto qualche corso di fotografia?
No. Ho fatto da solo... mio padre per insegnare era negato, però mi ha dato almeno i primi fondamentali in un periodo in cui non erano disponibili automatismi.
Quali sono i fotografi del passato e del presente che più apprezzi?
I grandi mi piacciono tutti, spendo una citazione per Cartier Bresson, Erwitt, Capa, Korda, Salgado, Berengo Gardin...
Che attrezzatura fotografica hai usato nel passato, e quale stai attualmente utilizzando?
Mi pare di avere iniziato con una Comet Bencini nella notte dei tempi; per diversi anni ho usato con soddisfazione una Zeiss Super Ikonta a soffietto, formato 4,5x6, qualche volta una delle Rolleiflex di mio padre. La mia prima reflex fu una Minolta (anni ’70) e poi Olympus OM1 e OM2 con 28, 50 e 65-200. Il passaggio al digitale l’ho fatto con la Fuji Finepix 5600S, mentre attualmente ho la Canon EOS30D con Sigma 10-20, Canon 17-85 e 70-200.
Quali sono gli scatti ai quali sei particolarmente legato?
Questo è un bambino ritratto presso l’orfanotrofio di Buduburam, in Ghana, al campo dei profughi dalla Liberia e Sierra Leone; si tratta di un orfanotrofio gestito da volontari... hanno pochissimi mezzi.
Questa invece è una foto scattata all’Havana: quando l’Oceano Atlantico batte contro gli scogli e le murate che proteggono il Malecòn (lungomare) lo spettacolo è assicurato. Adoro Cuba: là ho dei cari amici e ci torno spesso.
Quali sono i tuoi progetti attuali e quali quelli per il futuro?
Con gli amici di Whitetara stiamo mettendo a punto un prossimo viaggio, forse in Liberia, per documentare lo stato degli ex profughi tornati in patria e i loro problemi di reintegrazione. Vorrei anche organizzare la mia prima mostra personale qui a Bologna, ma al momento non c’è ancora niente di definito.
Hai mai esposto le tue immagini in mostre fotografiche personali o collettive?
No.
Hai mai avuto riconoscimenti in concorsi fotografici o pubblicazioni delle tue foto su libri o riviste?
Non ho mai partecipato a concorsi; alcune mie foto sono incluse nel I annuario di MaxArtis.
Quanto tempo dedichi alla fotografia?
Attualmente vado sempre in giro con un minimo di attrezzatura, tanto è vero che mi sono rovinato una spalla...
Raccontaci un episodio curioso o simpatico legato alla tua esperienza.
La maggior parte dei cubani adora essere fotografata, basta chiedere e si rendono quasi sempre disponibili molto volentieri; anzi a volta capita che loro stessi chiedano di essere ritratti. Quest’anno, nel mese di aprile, mi trovavo nella città di Bayamo a Cuba, un luogo molto gradevole fuori dai principali circuiti turistici, dove la gente è particolarmente rilassata e sorridente. Passeggiavo con la macchina fotografica in mano nella strada principale della città, un bel viale pedonale; era sabato, prime ore della sera; le strade erano piene di famiglie in giro per spese, per gustarsi un gelato dopo il caldo del giorno, per guardare e farsi guardare. Mi ferma una giovane signora piuttosto grassottella, che era a passeggio con i figli, e mi chiede con un gran sorriso di farle una foto, io le rispondo: con mucho gusto! Allora si mette in posa un po’ di trequarti con le mani sui fianchi e mi fa: con la pancia o senza pancia? E mi fa vedere la differenza ritraendo e rilasciando gli addominali.
Dove sono pubblicate, sul web, le tue foto?
Il mio spazio su Micromosso
Il mio spazio su Oltrelafoto
Questi sono i siti che frequento più assiduamente.
Un pensiero a chi si avvicina ora al mondo della fotografia.
Padroneggiare la tecnica e coniugarla con il cuore, accettare le critiche e farne oggetto di riflessione.
Vuoi concludere con un saluto o un ringraziamento?
Vorrei ringraziare le communities che frequento e ho frequentato: il confronto, lo spirito di emulazione, le critiche mi hanno fatto crescere dal punto di vista fotografico, inoltre attraverso di esse ho avuto modo di conoscere di persona vari fotoamatori con alcuni dei quali ho stretto rapporti di amicizia e ho fatto o farò degli interessanti viaggi. Anche Whitetara productions l’ho conosciuta attraverso Gianluca Di Santo, uno dei due fondatori (il suo portfolio su Flickr), che conoscevo come Janchan in una vecchia community; in effetti quasi sempre attraverso le foto ed i commenti ci si fa un’idea abbastanza precisa del carattere e degli interessi degli autori e la successiva conoscenza personale in genere conferma le impressioni.
Un fotografo per passione e un po’ per eredità: mio padre era un fotografo molto bravo. Sono toscano di Grosseto e vivo a Bologna da diverso tempo. Ho sessanta anni; sono un medico e fino a due anni fa mi sono occupato di medicina del lavoro e prevenzione. Dal 2006 sono in pensione e ho modo di dedicarmi maggiormente alle mie passioni, la fotografia, i viaggi e l’impegno documentativo-sociale, che diverse volte riesco a coniugare con le mie competenze igienistiche.
(la foto del profilo è di Paolo Perbellini)
Da qualche anno faccio parte di "Whitetara Productions", una piccola onlus-casa di produzione video che realizza documentari ed inchieste su realtà socialmente rilevanti in varie parti del mondo, in modo indipendente. Insieme abbiamo fatto tre viaggi che hanno portato alla realizzazione di tre documentari-inchiesta. In Ghana, presso un campo di rifugiati della Liberia e della Sierra Leone, abbiamo cercato di documentare le difficilissime condizioni quotidiane ed il problematico reinserimento nella vita civile degli ex-soldati bambino, in una situazione in cui il ruolo a volte non lineare giocato da alcune onlus e dal Commissariato ONU per i rifugiati, unito ai livelli di corruzione diffusi nel paese, non aiutano certo la soluzione di problemi già di per sé più che aggrovigliati. Nel marzo dello scorso anno siamo stati invitati, da parte dei fondatori, a visitare un centro di raccolta di bambini di etnia Akha nel nord della Tailandia, in modo da documentare la loro attività e per sostenere, tramite un documentario, la richiesta di donazioni per quella istituzione. In realtà ci siamo trovati di fronte ad una realtà molto ambigua: oltre 300 bambini di età dai 5 ai 12 anni circa, guidati da solo 4 adulti; i bambini, pur frequentando la scuola, presso il centro, fanno lavori anche pesanti e pericolosi (scavo, muratura, smerigliatura, cucina...) senza supervisione, con la spiegazione ufficiale di imparare un mestiere. Inoltre i bambini vengono allontanati dalla peculiare cultura e dalle tradizioni del popolo Akha, vengono iniziati al cristianesimo evangelico e non si riesce a capire che destino avranno. Il caso è stato dibattuto sul web, è stato anche oggetto di una trasmissione su radiorai, alcuni sostengono che i fondatori della comunità si intascano buona parte dei proventi delle donazioni per il mantenimento dei bambini. Lo scorso dicembre per alcuni giorni siamo stati presso il quartiere rom della cittadina di Samokov, in Bulgaria. Ci avevano invitato alcuni rappresentanti della comunità, per denunciare le difficili e discriminatorie condizioni di vita dei rom: il quartiere è in sfacelo, molte case fatiscenti, quasi ogni primavera è soggetto agli straripamenti di un torrente, anche chi vuole trovare un lavoro (si tratta di cittadini bulgari, non nomadi) è discriminato, molti bambini non vanno a scuola. Per chi fosse interessato, sappia che su www.whitetara.org sono visibili clip, informazioni e foto sul lavoro di Whitetara Productions.
Quando hai iniziato a fotografare?
Ho iniziato a fotografare da bambino, in casa mia la macchina fotografica era un oggetto familiare: mio padre usava diverse Rolleiflex e Rolleicord e vari banchi ottici.
Quale genere ti piace maggiormente fotografare?
Preferisco senz’altro il reportage sociale; cerco di esprimere fotograficamente il coinvolgimento emotivo di fronte a realtà a volte estreme e mi illudo di contribuire ad un cambiamento. Mi piace anche sperimentare con il mosso applicato alla danza, è un percorso che seguo e sviluppo da qualche anno e che mi intriga molto.
Hai fatto qualche corso di fotografia?
No. Ho fatto da solo... mio padre per insegnare era negato, però mi ha dato almeno i primi fondamentali in un periodo in cui non erano disponibili automatismi.
Quali sono i fotografi del passato e del presente che più apprezzi?
I grandi mi piacciono tutti, spendo una citazione per Cartier Bresson, Erwitt, Capa, Korda, Salgado, Berengo Gardin...
Che attrezzatura fotografica hai usato nel passato, e quale stai attualmente utilizzando?
Mi pare di avere iniziato con una Comet Bencini nella notte dei tempi; per diversi anni ho usato con soddisfazione una Zeiss Super Ikonta a soffietto, formato 4,5x6, qualche volta una delle Rolleiflex di mio padre. La mia prima reflex fu una Minolta (anni ’70) e poi Olympus OM1 e OM2 con 28, 50 e 65-200. Il passaggio al digitale l’ho fatto con la Fuji Finepix 5600S, mentre attualmente ho la Canon EOS30D con Sigma 10-20, Canon 17-85 e 70-200.
Quali sono gli scatti ai quali sei particolarmente legato?
Questo è un bambino ritratto presso l’orfanotrofio di Buduburam, in Ghana, al campo dei profughi dalla Liberia e Sierra Leone; si tratta di un orfanotrofio gestito da volontari... hanno pochissimi mezzi.
Questa invece è una foto scattata all’Havana: quando l’Oceano Atlantico batte contro gli scogli e le murate che proteggono il Malecòn (lungomare) lo spettacolo è assicurato. Adoro Cuba: là ho dei cari amici e ci torno spesso.
Quali sono i tuoi progetti attuali e quali quelli per il futuro?
Con gli amici di Whitetara stiamo mettendo a punto un prossimo viaggio, forse in Liberia, per documentare lo stato degli ex profughi tornati in patria e i loro problemi di reintegrazione. Vorrei anche organizzare la mia prima mostra personale qui a Bologna, ma al momento non c’è ancora niente di definito.
Hai mai esposto le tue immagini in mostre fotografiche personali o collettive?
No.
Hai mai avuto riconoscimenti in concorsi fotografici o pubblicazioni delle tue foto su libri o riviste?
Non ho mai partecipato a concorsi; alcune mie foto sono incluse nel I annuario di MaxArtis.
Quanto tempo dedichi alla fotografia?
Attualmente vado sempre in giro con un minimo di attrezzatura, tanto è vero che mi sono rovinato una spalla...
Raccontaci un episodio curioso o simpatico legato alla tua esperienza.
La maggior parte dei cubani adora essere fotografata, basta chiedere e si rendono quasi sempre disponibili molto volentieri; anzi a volta capita che loro stessi chiedano di essere ritratti. Quest’anno, nel mese di aprile, mi trovavo nella città di Bayamo a Cuba, un luogo molto gradevole fuori dai principali circuiti turistici, dove la gente è particolarmente rilassata e sorridente. Passeggiavo con la macchina fotografica in mano nella strada principale della città, un bel viale pedonale; era sabato, prime ore della sera; le strade erano piene di famiglie in giro per spese, per gustarsi un gelato dopo il caldo del giorno, per guardare e farsi guardare. Mi ferma una giovane signora piuttosto grassottella, che era a passeggio con i figli, e mi chiede con un gran sorriso di farle una foto, io le rispondo: con mucho gusto! Allora si mette in posa un po’ di trequarti con le mani sui fianchi e mi fa: con la pancia o senza pancia? E mi fa vedere la differenza ritraendo e rilasciando gli addominali.
Dove sono pubblicate, sul web, le tue foto?
Il mio spazio su Micromosso
Il mio spazio su Oltrelafoto
Questi sono i siti che frequento più assiduamente.
Un pensiero a chi si avvicina ora al mondo della fotografia.
Padroneggiare la tecnica e coniugarla con il cuore, accettare le critiche e farne oggetto di riflessione.
Fotografie: © Enrico Gori
Vuoi concludere con un saluto o un ringraziamento?
Vorrei ringraziare le communities che frequento e ho frequentato: il confronto, lo spirito di emulazione, le critiche mi hanno fatto crescere dal punto di vista fotografico, inoltre attraverso di esse ho avuto modo di conoscere di persona vari fotoamatori con alcuni dei quali ho stretto rapporti di amicizia e ho fatto o farò degli interessanti viaggi. Anche Whitetara productions l’ho conosciuta attraverso Gianluca Di Santo, uno dei due fondatori (il suo portfolio su Flickr), che conoscevo come Janchan in una vecchia community; in effetti quasi sempre attraverso le foto ed i commenti ci si fa un’idea abbastanza precisa del carattere e degli interessi degli autori e la successiva conoscenza personale in genere conferma le impressioni.
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