Marco Pavani: chi è?
Non sono un fotografo di professione. Sono un insegnante di liceo di 55 anni, in distacco da un paio di anni per seguire a tempo pieno progetti in Africa, cosa che già faccio da dieci anni. Mi occupo di adozioni a distanza, ed ho quasi 1500 “figli” in cinque Paesi dell’Africa Occidentale (Guinea, Congo RD, Costa d’Avorio, Burkina Faso, Camerun), che visito almeno una volta l’anno. Mi occupo anche di reperire fondi per le borse di studio di studenti universitari africani che gli consentano di studiare sul posto. Sono arrivato in due anni a trovare quasi 100 borse, ma il bisogno resta enorme. Seguo dei progetti per l’umanizzazione delle carceri in Guinea, e per l’abolizione della pena di morte, sempre in Guinea. Sono sposato da 20 anni con Roberta, ho un figlio magnifico di 23 anni, adottato, che si chiama Miralem, originario di Mostar, Bosnia parte musulmana, che prima era un ragazzino zingaro (con tante difficoltà personali) figlio del mondo senza nessuno al mondo, ed ora è figlio mio e nostro. Mi definisco soprattutto un viaggiatore che parte con la macchina fotografica per raccontare e condividere quello che vede.
Quando hai iniziato a fotografare?
Verso i 26-27 anni quando, in occasione della laurea, mio padre mi regalò una macchina fotografica RICOH 50 super (io avevo chiesto una macchina-automobile…). Ho iniziato a fotografare per documentare le attività della Comunità di Sant’Egidio, di cui faccio parte dal 1972.
Quale genere ti piace maggiormente fotografare?
Adoro il reportage e i ritratti. Credo che è dai volti che si debba partire per raccontare qualsiasi situazione.
Hai fatto qualche corso di fotografia?
No, mai, ma ho rubato con gli occhi il mestiere accompagnando tanti bravissimi fotografi che raccontavano le attività della Comunità. Parlo di Roberto Koch, Adriano Mordenti, Tano D’Amico, Stefano Montesi e tanti altri. Ho imparato da Adriano il fascino dello sviluppo e le tecniche in camera oscura. Da Tano la passione per il racconto sempre e comunque (penso ai suoi immensi lavori sugli zingari), da Roberto l’organizzazione del lavoro e così via. Recentemente, sull’elaborazione digitale, ho trovato in Aldo Feroce un amico-maestro eccellente, garbato e fermo come si addice a un vero insegnante. Come per tante altre cose della mia vita mi sento uno studente (anche se sono sulla soglia dei 55 non ho perso la voglia di imparare e di scoprire, e mi piace sentirmi ancora studente) ed è sulla strada, on the road, che imparo di più. Anche in fotografia.
Quali sono i fotografi del passato e del presente che più apprezzi?
Del passato: Cartier Bresson per l’atmosfera, per i ritratti. McCullin per la forza del reportage. Scianna, per l’amore del racconto. Del presente Salgado, un idolo, un cercatore dell’uomo sempre e ovunque. Mi piace la sua immensa delicatezza nel raccontare situazioni disperate, in cui emerge la presenza umana a dispetto di tutto.
Che attrezzatura fotografica hai usato nel passato, e quale stai attualmente utilizzando?
Storicamente… se ricordo bene: Ricoh K50 super, poi una serie di Pentax (amavo i suoi obiettivi), dalla X fino alla Z1. Passando al digitale, prima un paio di Minolta Dimage 7Hi, poi la Nikon D70 e adesso la Nikon D200, che trovo adatta alle mie esigenze. Ho tre obiettivi: il 17-55 f.2,8, l’80-200 f.2,8 e il sigma 10-20.
Quali sono gli scatti ai quali sei particolarmente legato?
Questi sono i due scatti che amo di più:
Non sono un fotografo di professione. Sono un insegnante di liceo di 55 anni, in distacco da un paio di anni per seguire a tempo pieno progetti in Africa, cosa che già faccio da dieci anni. Mi occupo di adozioni a distanza, ed ho quasi 1500 “figli” in cinque Paesi dell’Africa Occidentale (Guinea, Congo RD, Costa d’Avorio, Burkina Faso, Camerun), che visito almeno una volta l’anno. Mi occupo anche di reperire fondi per le borse di studio di studenti universitari africani che gli consentano di studiare sul posto. Sono arrivato in due anni a trovare quasi 100 borse, ma il bisogno resta enorme. Seguo dei progetti per l’umanizzazione delle carceri in Guinea, e per l’abolizione della pena di morte, sempre in Guinea. Sono sposato da 20 anni con Roberta, ho un figlio magnifico di 23 anni, adottato, che si chiama Miralem, originario di Mostar, Bosnia parte musulmana, che prima era un ragazzino zingaro (con tante difficoltà personali) figlio del mondo senza nessuno al mondo, ed ora è figlio mio e nostro. Mi definisco soprattutto un viaggiatore che parte con la macchina fotografica per raccontare e condividere quello che vede.
Quando hai iniziato a fotografare?
Verso i 26-27 anni quando, in occasione della laurea, mio padre mi regalò una macchina fotografica RICOH 50 super (io avevo chiesto una macchina-automobile…). Ho iniziato a fotografare per documentare le attività della Comunità di Sant’Egidio, di cui faccio parte dal 1972.
Quale genere ti piace maggiormente fotografare?
Adoro il reportage e i ritratti. Credo che è dai volti che si debba partire per raccontare qualsiasi situazione.
Hai fatto qualche corso di fotografia?
No, mai, ma ho rubato con gli occhi il mestiere accompagnando tanti bravissimi fotografi che raccontavano le attività della Comunità. Parlo di Roberto Koch, Adriano Mordenti, Tano D’Amico, Stefano Montesi e tanti altri. Ho imparato da Adriano il fascino dello sviluppo e le tecniche in camera oscura. Da Tano la passione per il racconto sempre e comunque (penso ai suoi immensi lavori sugli zingari), da Roberto l’organizzazione del lavoro e così via. Recentemente, sull’elaborazione digitale, ho trovato in Aldo Feroce un amico-maestro eccellente, garbato e fermo come si addice a un vero insegnante. Come per tante altre cose della mia vita mi sento uno studente (anche se sono sulla soglia dei 55 non ho perso la voglia di imparare e di scoprire, e mi piace sentirmi ancora studente) ed è sulla strada, on the road, che imparo di più. Anche in fotografia.
Quali sono i fotografi del passato e del presente che più apprezzi?
Del passato: Cartier Bresson per l’atmosfera, per i ritratti. McCullin per la forza del reportage. Scianna, per l’amore del racconto. Del presente Salgado, un idolo, un cercatore dell’uomo sempre e ovunque. Mi piace la sua immensa delicatezza nel raccontare situazioni disperate, in cui emerge la presenza umana a dispetto di tutto.
Che attrezzatura fotografica hai usato nel passato, e quale stai attualmente utilizzando?
Storicamente… se ricordo bene: Ricoh K50 super, poi una serie di Pentax (amavo i suoi obiettivi), dalla X fino alla Z1. Passando al digitale, prima un paio di Minolta Dimage 7Hi, poi la Nikon D70 e adesso la Nikon D200, che trovo adatta alle mie esigenze. Ho tre obiettivi: il 17-55 f.2,8, l’80-200 f.2,8 e il sigma 10-20.
Quali sono gli scatti ai quali sei particolarmente legato?
Questi sono i due scatti che amo di più:
Il primo, quello di Bernadette, lo ritengo una sintesi della mia passione per l’Africa, che vedo come Bernadette: giovane, bella, bambina, con tutta la vita (breve o lunga non fa differenza, ma tutta la vita) davanti, pur se in mezzo al nero del presente, in mezzo al nero delle sue condizioni tragiche da qualsiasi punto di vista le si voglia osservare. E’ uno scatto del 2007, fatto in una baracca del quartiere di Coleah, a Conakry, capitale della Guinea. E’ diventata anche la foto-copertina di un bellissimo libro su DREAM, il programma che lotta contro l’AIDS in Africa, e che ha già salvato la vita a 60 mila malati. E’ anche lo scatto che mi ha convinto ad andarmene da un sito che frequentavo, per la rabbia che mi ha suscitato il fatto che fosse stato praticamente ignorato dallo staff, nonostante avesse avuto un enorme gradimento tra i frequentatori del sito stesso.
Il secondo, “per strada in bici dal nulla”, per l’atmosfera magica del viaggio, sempre in Guinea, tra Conakry e N’Zerekore, dalla costa atlantica alla foresta. Mille chilometri, di cui quasi quattrocento di pista. Più di 22 ore su una quattro per quattro, con amici della Guinea. Ci si ferma per fare pipì, (i miei amici dicono che “bisogna fermarsi per salutare i miei fratelli…”) open-air, ho la macchina al collo, passa un camion che solleva una polvere mostruosa. E dal nulla, contro sole, sbuca un omino in bicicletta…
Quali sono i tuoi progetti attuali e quali quelli per il futuro?
Fotograficamente, vorrei fare un libro raccogliendo i volti, le storie e le situazioni che ho visto in questi dieci anni di viaggi in Africa. Ma il tempo è tiranno, i mezzi sono pochi. Come dicono a Napoli “L’acqua è poca…e la papera non galleggia…”. Mi piacerebbe legare sempre più la mia esperienza fotografica a una rinascita del reportage, un genere che vedo in caduta libera.
Hai mai esposto le tue immagini in mostre fotografiche personali o collettive?
No, mi spiace, la prima esposizione sarà quella di MicroMosso a Lucca.
Hai mai avuto riconoscimenti in concorsi fotografici o pubblicazioni delle tue foto su libri o riviste?
Ho pubblicato tantissimo, su giornali, libri, riviste, in Italia e all’estero, sempre legato agli eventi della Comunità di Sant’Egidio, di cui sono il “fotografo ufficiale”.
Quanto tempo dedichi alla fotografia?
Non so rispondere. Quotidianamente, un’oretta la sera, a qualsiasi ora quando torno a casa. Poi la mattina presto quando mi alzo, ma dipende.
Raccontaci qualche episodio curioso o simpatico legati alla tua esperienza.
Avevo messo in posa un gruppo di bambini, nel quartiere di Hafia, a Conakry – Guinea. Bisognava fare una foto di gruppo per far vedere agli adottanti la condizione “di partenza” per cui era necessario intervenire, appunto, con le adozioni a distanza. A un certo punto passa una ragazzetta a seno nudo, che attraverso il campo fotografico, con la voglia di giocare, disturbare, non so. Dopo la foto, tutti i bambini si sono messi a rincorrere la ragazzina, e sono restato là come un cretino…
Quando rivedi i tuoi vecchi scatti cosa pensi?
Che pippa che sono stato…
Dove sono pubblicate, sul web, le tue foto?
http://www.fotocommunity.it/pc/pc/mypics/947166 http://www.micromosso.com/galleria/thumbnails.php?album=lastupby&uid=823
http://www.fotoarts.org/scheda_utente.php?id_utente=101423 http://www.oltrelafoto.com/mk/forum/album.php?user_id=392&mode=list&mnu=2
http://www.photo4u.org/album_personal.php?user_id=18109
http://www.altphotos.com/Gallery.aspx?&a=MemberGallery&memberid=17305
Un pensiero a chi si avvicina ora al mondo della fotografia.
Guarda, sogna, immagina, scatta, impara dagli altri, racconta, perché attraverso i tuoi occhi altri sappiano.
Fotografie: © Marco Pavani
Vuoi concludere con un saluto o un ringraziamento?
Grazie a te, e a tutti quelli che avranno la pazienza di leggere queste mie parole.
Ciao. Marco
Grazie a te, e a tutti quelli che avranno la pazienza di leggere queste mie parole.
Ciao. Marco
Belle le parole e belle le immagini. Un grande fotografo riesce a parlare anche solo con le immagini, ma uno che usa così bene le parole fa un doppio servizio alla bellezza.
RispondiEliminaC
grande marco! Un saluto
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