Michele Rieri: chi è?
La prima domanda e già mi metti in difficoltà. Per risponderti prenderò spunto da un passaggio del celebre monologo tratto dal film The Big Kahuna: "Non sentirti in colpa se non sai cosa vuoi fare della tua vita. Le persone più interessanti che conosco, a ventidue anni non sapevano che fare della loro vita. I quarantenni più interessanti che conosco, ancora non lo sanno." Ecco, a 34 anni suonati Michele Rieri non sa ancora esattamente chi è. Di certo la macchina fotografica è una passione. Che possa procurarmi anche il tozzo di pane negli anni a venire, beh, questo staremo a vederlo.
Quando hai iniziato a fotografare?
Intorno ai 20 anni. Per gioco, direi. Il fascino dello scatto l'ho subito da sempre. Col tempo ho capito che non potevo resistergli e così ho deciso di abbandonarmici per vedere se, instaurando una relazione più seria, potevo tirare fuori qualche opera degna di tale attributo.
Quale genere ti piace maggiormente fotografare?
Ho un forte bagkground letterario e cinematografico. Vengo letteralmente rapito dagli scenari urbani delle grandi metropoli occidentali ed in special modo di quelle statunitensi. Le storie ambientate nella Grande Mela, a Los Angeles, Chicago, piuttosto che nelle strade e nelle periferie di Milano, Londra, Parigi, o nelle stazioni degli autobus, della metro, davanti ad insegne di hotels derelitti o dentro bettole frequentate da disperati e reietti, mi fanno salire i brividi lungo la schiena. E sono emozioni buone, intendo, non di ribrezzo o paura. Forse saranno banali, stereotipati. Forse rappresenteranno clichè oramai iper-inflazionati. Ma se potessi scegliere, dovendo vivere di fotografia, quali soggetti rappresentare e quali storie narrare, non avrei dubbi nel concentrarmi su reportages assemblati calandomi in pieno in quei contesti e in quei luoghi.
Hai fatto qualche corso di fotografia?
Assolutamente nessuno. In compenso, però, ho letto e assorbito quanto più ho potuto di tecnica fotografica e storia della Fotografia. Analizzando gli stili e gli scatti unici dei grandi Maestri del passato e contemporanei. E questo, credo, sia necessario e fondamentale, molto più di qualunque corso, per gettare le basi su cui costruire una propria Visione, artisticamente valida, della realtà che andremo a manipolare per partorire le nostre scene.
Quali sono i fotografi del passato e del presente che più apprezzi?
Tanti per poterli elencare qui. Mi limito a citare quelli che, per ragioni diverse, mi hanno trasmesso l'amore per la Fotografia e me ne hanno fatto intravedere il significato recondito e sublime. La capacità di narrare storie e quella di esprimere le sensazioni più profonde e poetiche del nostro Io: Dennis Stock, Elliott Erwitt, Bruce Davidson, Mario Giacomelli.
Che attrezzatura fotografica hai usato nel passato, e quale stai attualmente utilizzando?
Ho cominciato con una vecchia Mamiya analogica, prendendola in prestito da mio padre e spesso utilizzandola a sua insaputa. E credo di aver rischiato parecchio, tenendo conto di quanto fosse geloso del suo strumento il mio vecchio... :-) Oggi utilizzo una Pentax K10d, digitale ovviamente, con un corredo di ottiche che mi consente di coprire le varie focali e mi da modo, così, di poter affrontare le necessità dei miei stati d'animo allorchè decido di cominciare un nuovo progetto o semplicemente, di provare a produrre qualche foto efficace.
Qual è lo scatto al quale sei particolarmente legato?
E' una delle mie poche immagini che ho stampato in formato poster e appeso su un muro come uno scatto d'autore.
L'ho catturata dentro il Fallon Pub di Dublino. Non uno dei pubs traboccanti di turisti che affollano la zona di Temple Bar, ma un locale in un angolo più periferico e marginale della città. Uno di quelli dove l'atmosfera tipica del vero pub irlandese si è conservata intatta e sa regalare ancora un miscuglio di sensazioni che viene difficile da spiegare a parole se non ce le hai dentro in maniera automatica, naturale. Starsene a un tavolo con la pinta di Guinness e quasi avvertire, lì tutt'intorno, i fantasmi di Joyce e Brendan Behan che, semplicemente osservandoti, ti riconoscono subito come un loro "fratello".
Quali sono i tuoi progetti attuali e quali quelli per il futuro?
Ho concluso da poco un lavoro dal titolo DUMP a cui sono particolarmente legato poichè ritengo possa rappresentare la summa del mio pensiero rispetto all'attuale situazione socio-politico-culturale del nostro paese. Volevo fotografare, anche in termini metaforici, l'involuzione inarrestabile che sta attraversando l'Italia sotto il profilo suddetto e provare a generare negli osservatori quella presa di coscienza necessaria per poter venir fuori dalla "monnezza", materiale e morale, che ci sta seppellendo. Quanto al futuro, in virtù del mio essere un viaggiatore (e non un vacanziere) incallito fino al midollo, continuo a lavorare al progetto EUnited - Scenes from the street of the European Union, un reportage in progress continuo dalle strade e dalle città dei paesi membri dell'Unione Europea per provare a tracciarne, all'interno di un calderone in cui si muovono caratteri nazionali evidentemente diversi, un'identità comunque uniforme e che risulti comune ai popoli del continente più "anziano".
Hai mai esposto le tue immagini in mostre fotografiche personali o collettive?
Affermativo. Un'esperienza che ricordo con estremo piacere è stata quella del FACEFESTIVAL, evento dedicato a molteplici forme di espressione artistica organizzato nella mia città e a cui ho preso parte con diversi miei scatti nel 2008 e 2009.
Hai mai avuto riconoscimenti in concorsi fotografici o pubblicazioni delle tue foto su libri o riviste?
Ad esser sinceri non credo molto ai concorsi, a meno che non si tratti dei mostri sacri del genere (vedi il National Geographic o giù di lì). Per cui no, nessun riconoscimento finora, anche perchè non ho mai ritenuto vitale parteciparvi. Quanto alle pubblicazioni, invece, ho avuto anch'io i miei, chiamiamoli così, momenti di gloria (giusto per fare un po' di autoironia che a prendersi troppo sul serio si diventa antipatici e si perde di vista l'orizzonte reale delle cose) grazie alle pagine di riviste specializzate attive sul web (Posi+tive Magazine, Frattura Scomposta, FWA Photo, Deleted Images, Phirebrush, True Eye).
Quanto tempo dedichi alla fotografia?
In realtà tendo a vedere il rapporto in una direzione opposta. Mi piace pensare che sia la Fotografia a dedicare del tempo a me. Come un'amante. Quella perfetta. Pronta a soddisfare il desiderio o l'urgenza del click ogni qualvolta si manifesta. E per quanto mi attiene, la cosa è abbastanza incostante. Voglio dire, posso avvertire il bisogno di Fotografia ogni giorno durante la settimana o anche soltanto una o due volte al mese. E Lei mi accontenta. Tutte le volte. Senza mai rinfacciarmi o rivendicare nulla. Cos'altro puoi chiedere a una relazione? :-)
Raccontaci qualche episodio curioso o simpatico legati alla tua esperienza.
Ce ne sarebbero un paio, in effetti :-) Di getto mi vien da pensare a quella volta che ad Amsterdam, nel cuore del Red Light District, una squillo in vetrina si incavolò di brutto quando si accorse che il mio obiettivo era puntato diritto proprio contro di lei. Feci fatica a convincerla che si sbagliava e che avevo evitato di immortalarla (in verità conservo diversi suoi scatti nel mio archivio...). Ebbi paura che potesse mandare a chiamare qualcuno, tipo il suo protettore o gente del genere. In qualche modo me la cavai e riportai sane e salve la pelle e la Pentax nuovamente giù a Reggio. Un'altra volta mi trovavo in compagnia di un carissimo amico e "collega" a catturare immagini tra la stazione ferroviaria e l'imbarcadero di Villa San Giovanni (le 2 strutture sono di fatto un tuttuno). Il personale dei traghetti si accorse di noi e pensò che potessimo risultare impegnati a pianificare, chissà, un clamoroso attentato in pieno stile torri gemelle. Fu complicato spiegare alla Polfer, nel frattempo avvertita di quanto stava accadendo, che quei 2 poveri mentecatti (noi) stavano solo sfruttando del tempo libero per dare sfogo alla più sana delle passioni.
Quando rivedi i tuoi vecchi scatti cosa pensi?
Che il sottoscritto non ha talento. Altrimenti, già agli albori del suo percorso, avrebbe prodotto capolavori. E questo non è avvenuto. Fino a prova contraria. Per cui, come si usa affermare in situazioni del genere, testa china e pedalare. Che il percorso è sempre lunghissimo e da migliorare c'e' ancora troppo.
Dove sono pubblicate, sul web, le tue foto?
Intanto, sul mio website, all'indirizzo www.michelerieri.net
E poi, è un classico, su Flickr. Altre tracce del mio lavoro, poi, sono sparse qua e là su fotocommunities e siti specializzati, ma il grosso di quanto ho prodotto è visibile agli indirizzi prima citati.
Un pensiero a chi si avvicina ora al mondo della fotografia.
Non mi sento di dare consigli. E già difficile riuscire a filtrare quelli che altri regalano a me. Uno tra i più grandi jazzisti di sempre, Thelonius Monk, aveva una filosofia molto semplice ma illuminante, la cui sostanza era, in sintesi, questa: "amico, non suonare quello che vuole il pubblico. Suona soltanto quello che piace a te e lascia che il pubblico cominci a seguirti". E' l'unico suggerimento che ho fatto davvero mio e che vorrei condividere con ogni neofita, dato che può essere esteso a qualsiasi forma di espressione artistica.
Fotografie: © Michele Rieri
La prima domanda e già mi metti in difficoltà. Per risponderti prenderò spunto da un passaggio del celebre monologo tratto dal film The Big Kahuna: "Non sentirti in colpa se non sai cosa vuoi fare della tua vita. Le persone più interessanti che conosco, a ventidue anni non sapevano che fare della loro vita. I quarantenni più interessanti che conosco, ancora non lo sanno." Ecco, a 34 anni suonati Michele Rieri non sa ancora esattamente chi è. Di certo la macchina fotografica è una passione. Che possa procurarmi anche il tozzo di pane negli anni a venire, beh, questo staremo a vederlo.
Quando hai iniziato a fotografare?
Intorno ai 20 anni. Per gioco, direi. Il fascino dello scatto l'ho subito da sempre. Col tempo ho capito che non potevo resistergli e così ho deciso di abbandonarmici per vedere se, instaurando una relazione più seria, potevo tirare fuori qualche opera degna di tale attributo.
Quale genere ti piace maggiormente fotografare?
Ho un forte bagkground letterario e cinematografico. Vengo letteralmente rapito dagli scenari urbani delle grandi metropoli occidentali ed in special modo di quelle statunitensi. Le storie ambientate nella Grande Mela, a Los Angeles, Chicago, piuttosto che nelle strade e nelle periferie di Milano, Londra, Parigi, o nelle stazioni degli autobus, della metro, davanti ad insegne di hotels derelitti o dentro bettole frequentate da disperati e reietti, mi fanno salire i brividi lungo la schiena. E sono emozioni buone, intendo, non di ribrezzo o paura. Forse saranno banali, stereotipati. Forse rappresenteranno clichè oramai iper-inflazionati. Ma se potessi scegliere, dovendo vivere di fotografia, quali soggetti rappresentare e quali storie narrare, non avrei dubbi nel concentrarmi su reportages assemblati calandomi in pieno in quei contesti e in quei luoghi.
Hai fatto qualche corso di fotografia?
Assolutamente nessuno. In compenso, però, ho letto e assorbito quanto più ho potuto di tecnica fotografica e storia della Fotografia. Analizzando gli stili e gli scatti unici dei grandi Maestri del passato e contemporanei. E questo, credo, sia necessario e fondamentale, molto più di qualunque corso, per gettare le basi su cui costruire una propria Visione, artisticamente valida, della realtà che andremo a manipolare per partorire le nostre scene.
Quali sono i fotografi del passato e del presente che più apprezzi?
Tanti per poterli elencare qui. Mi limito a citare quelli che, per ragioni diverse, mi hanno trasmesso l'amore per la Fotografia e me ne hanno fatto intravedere il significato recondito e sublime. La capacità di narrare storie e quella di esprimere le sensazioni più profonde e poetiche del nostro Io: Dennis Stock, Elliott Erwitt, Bruce Davidson, Mario Giacomelli.
Che attrezzatura fotografica hai usato nel passato, e quale stai attualmente utilizzando?
Ho cominciato con una vecchia Mamiya analogica, prendendola in prestito da mio padre e spesso utilizzandola a sua insaputa. E credo di aver rischiato parecchio, tenendo conto di quanto fosse geloso del suo strumento il mio vecchio... :-) Oggi utilizzo una Pentax K10d, digitale ovviamente, con un corredo di ottiche che mi consente di coprire le varie focali e mi da modo, così, di poter affrontare le necessità dei miei stati d'animo allorchè decido di cominciare un nuovo progetto o semplicemente, di provare a produrre qualche foto efficace.
Qual è lo scatto al quale sei particolarmente legato?
E' una delle mie poche immagini che ho stampato in formato poster e appeso su un muro come uno scatto d'autore.
L'ho catturata dentro il Fallon Pub di Dublino. Non uno dei pubs traboccanti di turisti che affollano la zona di Temple Bar, ma un locale in un angolo più periferico e marginale della città. Uno di quelli dove l'atmosfera tipica del vero pub irlandese si è conservata intatta e sa regalare ancora un miscuglio di sensazioni che viene difficile da spiegare a parole se non ce le hai dentro in maniera automatica, naturale. Starsene a un tavolo con la pinta di Guinness e quasi avvertire, lì tutt'intorno, i fantasmi di Joyce e Brendan Behan che, semplicemente osservandoti, ti riconoscono subito come un loro "fratello".
Quali sono i tuoi progetti attuali e quali quelli per il futuro?
Ho concluso da poco un lavoro dal titolo DUMP a cui sono particolarmente legato poichè ritengo possa rappresentare la summa del mio pensiero rispetto all'attuale situazione socio-politico-culturale del nostro paese. Volevo fotografare, anche in termini metaforici, l'involuzione inarrestabile che sta attraversando l'Italia sotto il profilo suddetto e provare a generare negli osservatori quella presa di coscienza necessaria per poter venir fuori dalla "monnezza", materiale e morale, che ci sta seppellendo. Quanto al futuro, in virtù del mio essere un viaggiatore (e non un vacanziere) incallito fino al midollo, continuo a lavorare al progetto EUnited - Scenes from the street of the European Union, un reportage in progress continuo dalle strade e dalle città dei paesi membri dell'Unione Europea per provare a tracciarne, all'interno di un calderone in cui si muovono caratteri nazionali evidentemente diversi, un'identità comunque uniforme e che risulti comune ai popoli del continente più "anziano".
Hai mai esposto le tue immagini in mostre fotografiche personali o collettive?
Affermativo. Un'esperienza che ricordo con estremo piacere è stata quella del FACEFESTIVAL, evento dedicato a molteplici forme di espressione artistica organizzato nella mia città e a cui ho preso parte con diversi miei scatti nel 2008 e 2009.
Hai mai avuto riconoscimenti in concorsi fotografici o pubblicazioni delle tue foto su libri o riviste?
Ad esser sinceri non credo molto ai concorsi, a meno che non si tratti dei mostri sacri del genere (vedi il National Geographic o giù di lì). Per cui no, nessun riconoscimento finora, anche perchè non ho mai ritenuto vitale parteciparvi. Quanto alle pubblicazioni, invece, ho avuto anch'io i miei, chiamiamoli così, momenti di gloria (giusto per fare un po' di autoironia che a prendersi troppo sul serio si diventa antipatici e si perde di vista l'orizzonte reale delle cose) grazie alle pagine di riviste specializzate attive sul web (Posi+tive Magazine, Frattura Scomposta, FWA Photo, Deleted Images, Phirebrush, True Eye).
Quanto tempo dedichi alla fotografia?
In realtà tendo a vedere il rapporto in una direzione opposta. Mi piace pensare che sia la Fotografia a dedicare del tempo a me. Come un'amante. Quella perfetta. Pronta a soddisfare il desiderio o l'urgenza del click ogni qualvolta si manifesta. E per quanto mi attiene, la cosa è abbastanza incostante. Voglio dire, posso avvertire il bisogno di Fotografia ogni giorno durante la settimana o anche soltanto una o due volte al mese. E Lei mi accontenta. Tutte le volte. Senza mai rinfacciarmi o rivendicare nulla. Cos'altro puoi chiedere a una relazione? :-)
Raccontaci qualche episodio curioso o simpatico legati alla tua esperienza.
Ce ne sarebbero un paio, in effetti :-) Di getto mi vien da pensare a quella volta che ad Amsterdam, nel cuore del Red Light District, una squillo in vetrina si incavolò di brutto quando si accorse che il mio obiettivo era puntato diritto proprio contro di lei. Feci fatica a convincerla che si sbagliava e che avevo evitato di immortalarla (in verità conservo diversi suoi scatti nel mio archivio...). Ebbi paura che potesse mandare a chiamare qualcuno, tipo il suo protettore o gente del genere. In qualche modo me la cavai e riportai sane e salve la pelle e la Pentax nuovamente giù a Reggio. Un'altra volta mi trovavo in compagnia di un carissimo amico e "collega" a catturare immagini tra la stazione ferroviaria e l'imbarcadero di Villa San Giovanni (le 2 strutture sono di fatto un tuttuno). Il personale dei traghetti si accorse di noi e pensò che potessimo risultare impegnati a pianificare, chissà, un clamoroso attentato in pieno stile torri gemelle. Fu complicato spiegare alla Polfer, nel frattempo avvertita di quanto stava accadendo, che quei 2 poveri mentecatti (noi) stavano solo sfruttando del tempo libero per dare sfogo alla più sana delle passioni.
Quando rivedi i tuoi vecchi scatti cosa pensi?
Che il sottoscritto non ha talento. Altrimenti, già agli albori del suo percorso, avrebbe prodotto capolavori. E questo non è avvenuto. Fino a prova contraria. Per cui, come si usa affermare in situazioni del genere, testa china e pedalare. Che il percorso è sempre lunghissimo e da migliorare c'e' ancora troppo.
Dove sono pubblicate, sul web, le tue foto?
Intanto, sul mio website, all'indirizzo www.michelerieri.net
E poi, è un classico, su Flickr. Altre tracce del mio lavoro, poi, sono sparse qua e là su fotocommunities e siti specializzati, ma il grosso di quanto ho prodotto è visibile agli indirizzi prima citati.
Un pensiero a chi si avvicina ora al mondo della fotografia.
Non mi sento di dare consigli. E già difficile riuscire a filtrare quelli che altri regalano a me. Uno tra i più grandi jazzisti di sempre, Thelonius Monk, aveva una filosofia molto semplice ma illuminante, la cui sostanza era, in sintesi, questa: "amico, non suonare quello che vuole il pubblico. Suona soltanto quello che piace a te e lascia che il pubblico cominci a seguirti". E' l'unico suggerimento che ho fatto davvero mio e che vorrei condividere con ogni neofita, dato che può essere esteso a qualsiasi forma di espressione artistica.
Fotografie: © Michele Rieri
Vuoi concludere con un saluto o un ringraziamento?
Come potrei risponderti no? Mi sembra il minimo, prima di tutto, ringraziare te, Libero, per lo spazio che mi hai gentilmente concesso. La tua è un'iniziativa meritevole di tutta la stima e l'attenzione possibili, dato che dai modo a chi vive questa passione di farsi conoscere aldilà delle foto postate su MicroMosso o altre vetrine virtuali. E dato che permetti, oltretutto, di far venire alla luce universi interiori davvero interessantissimi.
E poi sento il bisogno di ringraziare Dio o chi per lui. Per la curiosità e la continua voglia di Conoscenza che mi ha donato. E per l'infinito amore per Arte e Bellezza che ha insinuato nella mia anima.
Come potrei risponderti no? Mi sembra il minimo, prima di tutto, ringraziare te, Libero, per lo spazio che mi hai gentilmente concesso. La tua è un'iniziativa meritevole di tutta la stima e l'attenzione possibili, dato che dai modo a chi vive questa passione di farsi conoscere aldilà delle foto postate su MicroMosso o altre vetrine virtuali. E dato che permetti, oltretutto, di far venire alla luce universi interiori davvero interessantissimi.
E poi sento il bisogno di ringraziare Dio o chi per lui. Per la curiosità e la continua voglia di Conoscenza che mi ha donato. E per l'infinito amore per Arte e Bellezza che ha insinuato nella mia anima.
Le interviste ai "Fotografi nel Web" sono una rubrica del blog: Dentro al Replay
Bella intervista my friend...non poteva essere diversamente da chi come te della cultura e dell'arte fa per cosi dire uno stile di vita...
RispondiEliminaa presto amico mio.
Parole che mi lusingano, carissimo...
RispondiEliminaTi abbraccio compare mio :-)
bellissima intervista...sei vero come i tuoi scatti...Grazie per regalarmi sempre emozioni,le tue foto vivono !!!!....continua così ... :) Gabriella
RispondiEliminaGabriiiii!!!!
RispondiEliminaMa grazie! Non so come fare a postare le lacrime nel commento...perche' sai, mi sto commuovendo... :-)
Bello avere saputo qualcosa più di te come fotografo e come uomo!
RispondiEliminaCome fotografo, conoscevo alcune delle tue foto attraverso Flickr perché ero rimasta letteralmente affascinata dal tuo stile e dai tuoi soggetti (che credo sia un tutt'uno, poi!) in foto che ho visto casualmente su MicroMosso, negli ultimo tempi.
Bellissime, per me, soprattutto le foto in BW che ritraggono spaccati urbani e di vita quotidiana. Il tuo stile è quello che più interpreta il mio ideale di fotografia "al passo con i tempi".
Complimenti anche per il tuo sito personale!
Con stima,
Susanna
Grazie di cuore Susanna!!!
RispondiEliminaIl tuo apprezzamento mi fa un enorme piacere, davvero.
Un abbraccio :-)
“Trovare qualcosa di nuovo, qualcosa che nessuno avrebbe potuto immaginare prima, qualcosa che solo tu puoi trovare perchè, oltre ad essere fotografo, sei un essere umano un po’ speciale, capace di guardare in profondità dove altri tirerebbero dritto.”
RispondiElimina(Margaret Bourke-White)
…. Sembra l’abbia detta a te dopo una lunga chiacchierata..:-)
Perché tu sei un uomo speciale.. Ogni volta che realizzi uno scatto è un modo per far capire quello che sei veramente… perché , in ogni tuo scatto,c’è una profondità di sentimento... perche tu fotografi con l’anima..
Sono troppo felice per te.. amore mio… perché voli alto..perchè tu hai sempre puntato in alto.. Ti amo (Zeudi)
Sai perchè sono speciale, piccola mia?
RispondiEliminaPerchè ho te. Tutto il resto è superfluo.
Ti strabacio :-*