Wanda D’Onofrio: chi è?
Definire chi sono è una cosa piuttosto complessa. A 31 anni non sono ancora riuscita a trovarmi una definizione precisa. Se dovessi definirmi con una parola direi "eclettica", una donna che ama tutto quello che è arte, dalla pittura alla musica, dal teatro al cinema, dalla letteratura di ogni genere alla scrittura, alla mia passione più grande: la fotografia. Ricerco tutto ciò che mi fa stare bene in qualsiasi cosa che ogni giorno mi si presenta davanti. Ricerco stimoli in ogni angolo della vita, stimoli che possano arricchirmi l’anima; quell’anima che è sempre in continua evoluzione. Mi sento come se non avessi tempo, né un inizio né una fine, ma solo il momento. Wanda... Mi definirei come una crisalide che sta tentando di uscire, ma che fatica a farlo perché il momento propizio non è ancora arrivato. Questo è come mi sento adesso in fotografia. Una crisalide. Vorrei definirmi una "fotoamatrice", ma penso che più appropriatamente sono una "amante delle foto".
Quando hai iniziato a fotografare?
Quando ho iniziato a fotografare? Bella domanda... E a questa bella domanda vorrei dare una bella risposta. Fin da bambina amavo disegnare. Nei miei disegni rappresentavo il mio mondo, ma era solo roba di fantasia. Poi un giorno presi in mano un vecchio album di fotografie che mi ritraevano con mia nonna che non c’è più. Rivedevo da grande quella Wanda bambina insieme alla sua "mamma". E cercavo di sforzarmi di ricordare, ma mi era molto difficile perché i ricordi si erano fatti talmente lontani che non riuscivo a focalizzare niente del mio passato con lei. Sono sempre stata la "fotografa" del gruppo di amici a scuola, nelle gite fuoriporta la domenica, a lavoro quando per un periodo risiedevo all’estero. Fotografare era il mio modo di tenere sempre vivo il ricordo di un preciso momento, di un luogo che avevo visto, di un’azione che avevo compiuto o che aveva compiuto qualcun altro per me. Lavorando nel turismo, soprattutto quando lavoravo in crociera, anche se c’erano mille propositi di tenersi in contatto con le persone conosciute, era difficile poi mantenere fede alla promessa di risentirci una volta scesi a terra. Ma il più delle volte erano parole regalate al vento e quello che era un amico tangibile, diventava il ricordo di un amico. Allora ho cominciato a fotografare i ricordi dei miei amici. Poi, un giorno, al contrario di quanto accade nelle belle favole, il mio "principe azzurro" volò su un cavallo bianco verso il castello di un’altra principessa. Che fare a quel punto? Buttarsi nel pozzo della malattia nera dell’anima? O meglio... occupare il tempo che mi si era improvvisamente fatto anche troppo disponibile con qualcosa che aiutasse me a risalire dal pozzo? E fu così che dall’imboccatura del pozzo mi si srotolò una corda. Mi aggrappai a quella corda con tutte le mie forze e, con mia grande sorpresa vidi che a tenere quella corda non c’era una persona in carne ed ossa, ma c’era un angelo ben più grande di nome Fotografia. Chiesi a Libero Musetti con che cosa avrei potuto cominciare, quale fosse la macchina fotografica più adatta a me per iniziare una relazione che si sarebbe rivelata la più importante della mia vita. E fu così che la mia vita, circa due anni fa, fu riempita da tanti click della mia "bambina". Sì, perché è così che definisco la mia Nikon D60. La mia bambina. E da quell’agosto di due anni fa non ci siamo più separate. Con lei ho proprio un rapporto emozionale. Siamo spesso insieme. Talvolta, anche se non devo fotografare niente, la prendo ugualmente in mano solo per il gusto di premere il pulsante di scatto e sentirle dire "CLICK". Click è come "smack". Per me è il suo bacio. A volte litighiamo. Come madre e figlia. Io ho delle idee in testa, ma lei non ne vuol sapere di farle diventare immagine. O, al contrario, io scatto così tanto per scattare, e lei mi regala delle immagini incredibili. E lì gioiamo insieme... La mia "bambina" non è un semplice mezzo per trasporre in immagini le mie idee. Lei è me. E io sono lei. Viviamo in un rapporto di simbiosi.
Quale genere ti piace maggiormente di fotografare?
Il mio genere preferito sono i ritratti. Ma in una maniera un po’ particolare. Mi sono accorta che non amo fare un ritratto semplice di una persona. Bensì quando vedo una persona le "cucio" un personaggio addosso. Mi spiego meglio. Non mi piace fotografare una persona per quello che è, ma per quello che io vedo in lei. Come fa un sarto con la stoffa. Un esempio pratico. Mia sorella ha degli occhi di un azzurro incredibile, capelli mori che un giorno tagliò corti a caschetto. In lei ho rivisto Cleopatra. Et voilà... con un pezzo di stoffa bianco e un po’ di passamaneria d’oro e qualche gioiello di bigiotteria ecco fatto la "mia Cleopatra".
Oppure... un giorno conosco una donna che poi è diventata una delle più grandi amiche che la vita mi abbia potuto regalare, Tiziana La Monica. Lei voleva fare un regalo a suo marito chiedendomi di fotografare tutta la sua famiglia. Acconsentii alla cosa ma poi le dissi "Tu, oltre che essere madre sei anche moglie nonché donna... perché non regalare a tuo marito anche una serie di scatti che ti ritraggano "spiritosamente sensuale"? e fu così che venne fuori il progetto de "The Italian desperate housewife".
Definire chi sono è una cosa piuttosto complessa. A 31 anni non sono ancora riuscita a trovarmi una definizione precisa. Se dovessi definirmi con una parola direi "eclettica", una donna che ama tutto quello che è arte, dalla pittura alla musica, dal teatro al cinema, dalla letteratura di ogni genere alla scrittura, alla mia passione più grande: la fotografia. Ricerco tutto ciò che mi fa stare bene in qualsiasi cosa che ogni giorno mi si presenta davanti. Ricerco stimoli in ogni angolo della vita, stimoli che possano arricchirmi l’anima; quell’anima che è sempre in continua evoluzione. Mi sento come se non avessi tempo, né un inizio né una fine, ma solo il momento. Wanda... Mi definirei come una crisalide che sta tentando di uscire, ma che fatica a farlo perché il momento propizio non è ancora arrivato. Questo è come mi sento adesso in fotografia. Una crisalide. Vorrei definirmi una "fotoamatrice", ma penso che più appropriatamente sono una "amante delle foto".
Quando hai iniziato a fotografare?
Quando ho iniziato a fotografare? Bella domanda... E a questa bella domanda vorrei dare una bella risposta. Fin da bambina amavo disegnare. Nei miei disegni rappresentavo il mio mondo, ma era solo roba di fantasia. Poi un giorno presi in mano un vecchio album di fotografie che mi ritraevano con mia nonna che non c’è più. Rivedevo da grande quella Wanda bambina insieme alla sua "mamma". E cercavo di sforzarmi di ricordare, ma mi era molto difficile perché i ricordi si erano fatti talmente lontani che non riuscivo a focalizzare niente del mio passato con lei. Sono sempre stata la "fotografa" del gruppo di amici a scuola, nelle gite fuoriporta la domenica, a lavoro quando per un periodo risiedevo all’estero. Fotografare era il mio modo di tenere sempre vivo il ricordo di un preciso momento, di un luogo che avevo visto, di un’azione che avevo compiuto o che aveva compiuto qualcun altro per me. Lavorando nel turismo, soprattutto quando lavoravo in crociera, anche se c’erano mille propositi di tenersi in contatto con le persone conosciute, era difficile poi mantenere fede alla promessa di risentirci una volta scesi a terra. Ma il più delle volte erano parole regalate al vento e quello che era un amico tangibile, diventava il ricordo di un amico. Allora ho cominciato a fotografare i ricordi dei miei amici. Poi, un giorno, al contrario di quanto accade nelle belle favole, il mio "principe azzurro" volò su un cavallo bianco verso il castello di un’altra principessa. Che fare a quel punto? Buttarsi nel pozzo della malattia nera dell’anima? O meglio... occupare il tempo che mi si era improvvisamente fatto anche troppo disponibile con qualcosa che aiutasse me a risalire dal pozzo? E fu così che dall’imboccatura del pozzo mi si srotolò una corda. Mi aggrappai a quella corda con tutte le mie forze e, con mia grande sorpresa vidi che a tenere quella corda non c’era una persona in carne ed ossa, ma c’era un angelo ben più grande di nome Fotografia. Chiesi a Libero Musetti con che cosa avrei potuto cominciare, quale fosse la macchina fotografica più adatta a me per iniziare una relazione che si sarebbe rivelata la più importante della mia vita. E fu così che la mia vita, circa due anni fa, fu riempita da tanti click della mia "bambina". Sì, perché è così che definisco la mia Nikon D60. La mia bambina. E da quell’agosto di due anni fa non ci siamo più separate. Con lei ho proprio un rapporto emozionale. Siamo spesso insieme. Talvolta, anche se non devo fotografare niente, la prendo ugualmente in mano solo per il gusto di premere il pulsante di scatto e sentirle dire "CLICK". Click è come "smack". Per me è il suo bacio. A volte litighiamo. Come madre e figlia. Io ho delle idee in testa, ma lei non ne vuol sapere di farle diventare immagine. O, al contrario, io scatto così tanto per scattare, e lei mi regala delle immagini incredibili. E lì gioiamo insieme... La mia "bambina" non è un semplice mezzo per trasporre in immagini le mie idee. Lei è me. E io sono lei. Viviamo in un rapporto di simbiosi.
Quale genere ti piace maggiormente di fotografare?
Il mio genere preferito sono i ritratti. Ma in una maniera un po’ particolare. Mi sono accorta che non amo fare un ritratto semplice di una persona. Bensì quando vedo una persona le "cucio" un personaggio addosso. Mi spiego meglio. Non mi piace fotografare una persona per quello che è, ma per quello che io vedo in lei. Come fa un sarto con la stoffa. Un esempio pratico. Mia sorella ha degli occhi di un azzurro incredibile, capelli mori che un giorno tagliò corti a caschetto. In lei ho rivisto Cleopatra. Et voilà... con un pezzo di stoffa bianco e un po’ di passamaneria d’oro e qualche gioiello di bigiotteria ecco fatto la "mia Cleopatra".
Oppure... un giorno conosco una donna che poi è diventata una delle più grandi amiche che la vita mi abbia potuto regalare, Tiziana La Monica. Lei voleva fare un regalo a suo marito chiedendomi di fotografare tutta la sua famiglia. Acconsentii alla cosa ma poi le dissi "Tu, oltre che essere madre sei anche moglie nonché donna... perché non regalare a tuo marito anche una serie di scatti che ti ritraggano "spiritosamente sensuale"? e fu così che venne fuori il progetto de "The Italian desperate housewife".
Per non dimenticare il mio trampolino di lancio nel quale si è poi sviluppato un sotto progetto che ho avuto il piacere di esporre nella mia prima mostra collettiva. Quella serie di scatti nacquero con l’aiuto di Gianmatteo Bertozzi, un ragazzo conosciuto per caso in albergo dove lavoro. Feci i salti mortali per conoscerlo perché il suo viso mi piacque e mi ispirò. Quando poi venni a sapere che aveva studiato da attore... beh non potevo farmelo sfuggire. Lo cercai, gli proposi il mio progetto e anche lui accettò di buon grado. E così nacque il "Mimo d’autore" e "La Metamorfosi".
Ho tentato di fare diversi generi di fotografia, dal paesaggio allo still life, dal reportage alla street photography, ma ho visto che mi sento più a mi agio con i ritratti. Riesco ad esprimermi i più. Ma sono ben consapevole che la strada è ancora tutta in salita prima di riuscire a fare veramente delle belle fotografie.
Hai fatto qualche corso di fotografia?
No. Non ho ancora avuto modo di fare alcun corso di fotografia a causa dello scarso tempo che ho per motivi di lavoro. Lavorando a turni è un po’ difficile frequentare corsi di ogni sorta, ma i propositi ci sono tutti. Ho cominciato da sola, studiando su libri, guardando fotografie di altri fotoamatori come me e di grandi fotografi del passato. Diciamo che ho rubato suggerimenti e consigli dai miei amici più esperti. Questa è stata la mia scuola, per il momento. E le critiche. Tante critiche, che non sono state solo una scuola per migliorare la mia tecnica di volta in volta, ma sono state anche una scuola per il mio carattere un pochino "permaloso". Per ora le mie immagini sono il frutto del mio personale impegno e dei miei furti di consigli.
Quali sono i fotografi del passato e del presente che più apprezzi?
Io sono affascinata da tutti i fotografi di fine ‘800 fino ad arrivare agli anni ’30-’40 dei primi del ‘900. Amo fotografi del calibro di Bresson, Avedon, Helmut Newton, Man Ray o la stessa Francesca Woodman che ho potuto conoscere ed apprezzare attraverso i blog e forum su internet... Amo molto i reportage di Robert Capa. E come Ansel Adams, ultimamente sono alla ricerca compulsiva della nitidezza perfetta. Ma quella è una questione di tecnica di cui ancora non ho piena padronanza. Come fotografi attuali mi ha commosso Anke Merzebach di cui ho avuto l’onore di vedere una mostra a Palazzo Mediceo a Seravezza nell’aprile del 2009. Di fronte ad un suo "dipinto fotografico" mi sono emozionata al punto tale da commuovermi. E ora sono onorata di avere una sua opera appesa nel salotto di casa mia donatami per il mio compleanno da Libero Musetti, il mio "maestro" come lo chiamo io bonariamente.
Che attrezzatura fotografica hai usato nel passato e quale stai attualmente utilizzando?
In passato ho usato compattine di ogni tipo, dalle analogiche alle digitali, ma dall’agosto del 2008 ho un rapporto morboso con la mia Nikon D60. Con lei è cominciata questa grande avventura. Ho ampliato il mio corredo fotografico con un’ottica fissa 50mm a f/1.8 a messa a fuoco manuale (veramente una scuola perché non è semplice mettere a fuoco manualmente) e uno zoom 55-200 f/4-5.6 che però uso raramente perché faccio quasi tutto con il 50mm che è uno spettacolo di oggetto. Ci puoi fare veramente di tutto e ti costringe ad usare gambe e testa come zoom. E aveva ragione chi mi ha consigliato di comprarlo. Il migliore zoom, laddove è possibile, sono i nostri piedi. Ho in mente di fare un passettino avanti con la tecnologia e dare una sorellina alla mia "bambina", e se avrò la possibilità entro la fine dell’estate vorrei acquistare la Nikon D90 con obiettivo 18-105.
Quali sono i tuoi progetti attuali e quelli per il futuro?
I progetti attuali sono quelli di portare a termine delle idee che ho cominciato a buttare giù come il piccolo portfolio di "Hotel Babylon, vita d’albergo" e "Maschere" ma il tempo mi è tiranno e spero di mantenere fede alle promesse che mi sono fatta.
Hai fatto qualche corso di fotografia?
No. Non ho ancora avuto modo di fare alcun corso di fotografia a causa dello scarso tempo che ho per motivi di lavoro. Lavorando a turni è un po’ difficile frequentare corsi di ogni sorta, ma i propositi ci sono tutti. Ho cominciato da sola, studiando su libri, guardando fotografie di altri fotoamatori come me e di grandi fotografi del passato. Diciamo che ho rubato suggerimenti e consigli dai miei amici più esperti. Questa è stata la mia scuola, per il momento. E le critiche. Tante critiche, che non sono state solo una scuola per migliorare la mia tecnica di volta in volta, ma sono state anche una scuola per il mio carattere un pochino "permaloso". Per ora le mie immagini sono il frutto del mio personale impegno e dei miei furti di consigli.
Quali sono i fotografi del passato e del presente che più apprezzi?
Io sono affascinata da tutti i fotografi di fine ‘800 fino ad arrivare agli anni ’30-’40 dei primi del ‘900. Amo fotografi del calibro di Bresson, Avedon, Helmut Newton, Man Ray o la stessa Francesca Woodman che ho potuto conoscere ed apprezzare attraverso i blog e forum su internet... Amo molto i reportage di Robert Capa. E come Ansel Adams, ultimamente sono alla ricerca compulsiva della nitidezza perfetta. Ma quella è una questione di tecnica di cui ancora non ho piena padronanza. Come fotografi attuali mi ha commosso Anke Merzebach di cui ho avuto l’onore di vedere una mostra a Palazzo Mediceo a Seravezza nell’aprile del 2009. Di fronte ad un suo "dipinto fotografico" mi sono emozionata al punto tale da commuovermi. E ora sono onorata di avere una sua opera appesa nel salotto di casa mia donatami per il mio compleanno da Libero Musetti, il mio "maestro" come lo chiamo io bonariamente.
Che attrezzatura fotografica hai usato nel passato e quale stai attualmente utilizzando?
In passato ho usato compattine di ogni tipo, dalle analogiche alle digitali, ma dall’agosto del 2008 ho un rapporto morboso con la mia Nikon D60. Con lei è cominciata questa grande avventura. Ho ampliato il mio corredo fotografico con un’ottica fissa 50mm a f/1.8 a messa a fuoco manuale (veramente una scuola perché non è semplice mettere a fuoco manualmente) e uno zoom 55-200 f/4-5.6 che però uso raramente perché faccio quasi tutto con il 50mm che è uno spettacolo di oggetto. Ci puoi fare veramente di tutto e ti costringe ad usare gambe e testa come zoom. E aveva ragione chi mi ha consigliato di comprarlo. Il migliore zoom, laddove è possibile, sono i nostri piedi. Ho in mente di fare un passettino avanti con la tecnologia e dare una sorellina alla mia "bambina", e se avrò la possibilità entro la fine dell’estate vorrei acquistare la Nikon D90 con obiettivo 18-105.
Quali sono i tuoi progetti attuali e quelli per il futuro?
I progetti attuali sono quelli di portare a termine delle idee che ho cominciato a buttare giù come il piccolo portfolio di "Hotel Babylon, vita d’albergo" e "Maschere" ma il tempo mi è tiranno e spero di mantenere fede alle promesse che mi sono fatta.
Progetti futuri? Ne ho uno che riguarda le donne, ma anche qui per scaramanzia non dico niente. Sarà una sorpresa se riuscirò a metterlo in atto. E poi per citare una frase di Lorenzo de’ Medici "...del doman non v’è certezza..." tutto può accadere.
Hai mai esposto delle tue immagini in mostre fotografiche personali o collettive?
Si, ho avuto la gioia di esporre per la prima volta il portfolio de "La Metamorfosi" nella mostra collettiva del club fotografico "L’Altissimo" di cui faccio parte in occasione di una mostra che si è svolta in Versilia in cui il protagonista principale è stato il fotoreporter di guerra James Natchway. E lì ho visto mia mamma con gli occhi pieni di orgoglio per me. Ed è stato un momento bellissimo. Ho avuto solo quest’anno il coraggio di mostrare pubblicamente in una mostra qualcosa di mio. Per mostrare le proprie foto in una collettiva ci vuole coraggio e sicurezza in quello che si è fatto. E io in quel momento mi sono sentita pronta per fare il mio primo step. Poi a fine maggio ho esposto a REBELDIA a Pisa durante un seminario sull’omofobia e la violenza sulle donne ed ho esposto delle fotografie che ritraevano una donna fusa nella frutta assumendo un particolare significato: "La Noce" (una donna che esce dal guscio di una noce per mostrare quanto può sembrare dura e forte una donna fuori quanto morbida dentro), e "Il Peccato originale" (una donna che esce da una mela mangiata proprio ad indicare l’abuso che viene fatto sulla donna quando viene violentata. La donna in quel caso viene mangiata con avidità e i segni dei morsi del "mostro" li porterà sempre dentro).
Hai mai esposto delle tue immagini in mostre fotografiche personali o collettive?
Si, ho avuto la gioia di esporre per la prima volta il portfolio de "La Metamorfosi" nella mostra collettiva del club fotografico "L’Altissimo" di cui faccio parte in occasione di una mostra che si è svolta in Versilia in cui il protagonista principale è stato il fotoreporter di guerra James Natchway. E lì ho visto mia mamma con gli occhi pieni di orgoglio per me. Ed è stato un momento bellissimo. Ho avuto solo quest’anno il coraggio di mostrare pubblicamente in una mostra qualcosa di mio. Per mostrare le proprie foto in una collettiva ci vuole coraggio e sicurezza in quello che si è fatto. E io in quel momento mi sono sentita pronta per fare il mio primo step. Poi a fine maggio ho esposto a REBELDIA a Pisa durante un seminario sull’omofobia e la violenza sulle donne ed ho esposto delle fotografie che ritraevano una donna fusa nella frutta assumendo un particolare significato: "La Noce" (una donna che esce dal guscio di una noce per mostrare quanto può sembrare dura e forte una donna fuori quanto morbida dentro), e "Il Peccato originale" (una donna che esce da una mela mangiata proprio ad indicare l’abuso che viene fatto sulla donna quando viene violentata. La donna in quel caso viene mangiata con avidità e i segni dei morsi del "mostro" li porterà sempre dentro).
Spero di ripetere in futuro con altri progetti. Mi piacerebbe tanto.
Hai mai avuto riconoscimenti in concorsi fotografici o pubblicazioni delle tue foto su libri o riviste?
Ho avuto qualche foto messa in Home Page su MicroMosso e, per ora, l’unico riconoscimento ufficiale che ho avuto per la partecipazione ad un concorso è stato per il contest de "I 5 SENSI" su MicroMosso. Ho guadagnato la prima posizione con la foto intitolata "In cucina".
Per il momento solo quello perché ripeto, non mi sentivo pronta in precedenza per far pubblicare qualcosa di mio anche mandando fotografie a riviste del settore. Ora che magari mi sento un po’ più sicura, tenterò anche di inviare i miei lavori a qualcuno e chissà... magari viene fuori una bella sorpresa. Sono come un diesel... parto piano, ma quando parto non mi ferma più nessuno dopo...
Quanto tempo dedichi alla fotografia?
Diciamo quanto tempo dedico alle altre cose della vita... la fotografia ha preso il posto centrale della mia vita. Mi ha salvato in due occasioni e non posso non dedicarle tempo. Non voglio non dedicarle tempo. Ci sono periodi in cui sto anche giorni senza toccare la macchina fotografica e senza mettermi al pc a giocare con le mie immagini, ma arriva un momento in cui è come un bisogno fisico. Sento la necessità anche solo di sentir fare CLICK che sono contenta. Una mattina, per esempio, mi sono alzata alle 7.00 perché dovevo andare a lavoro. Mi sono affacciata al terrazzo del giardino e ho visto che a quell’ora c’era uno splendido sole che aveva creato un fascio di luce bellissimo sulla siepe del giardino. Prima ancora di lavarmi il viso ho preso la macchina fotografica e ho premuto click. Non ne ho mai fatto nulla di quella fotografia, ma era solo per la voglia compulsiva di scattare. Dovevo e volevo ricordarmi di quella luce in quel momento. Se poi ci mettiamo anche il fatto che quando vado a dormire la sera, a volte non riesco a prendere sonno perché mi nascono mille e più idee in testa... allora il conto è presto fatto. 24h al giorno per 7 giorni la settimana per 12 mesi l’anno.
Quando rivedi i tuoi vecchi scatti cosa pensi?
Penso che di strada ne ho fatta tanta ma che ne ho ancora moltissima da percorrere. Ma è un viaggio troppo affascinante. E non ho fretta di arrivare già a destinazione. Mi sto gustando il viaggio.
Dove sono pubblicate, sul web, le tue foto?
Ho cominciato a pubblicare su "Corso di Fotografia digitale on line" della De Agostini, dove ho fatto anche delle belle e utili amicizie. Poi pubblico regolarmente su MicroMosso da cui ho imparato che conta la qualità più che la quantità delle fotografie, ragionando su quale pubblicare e cercando di pubblicare una cosa di qualità, quindi mi ha insegnato a prestare più attenzione ai dettagli più che a fare mille scatti. E poi pubblico i miei album su Facebook per condividere anche con i miei amici e altri fotoamatori. Altre pubblicazioni si possono vedere su un sito di arti marziali di Maurizio Pucci e prossimamente verranno pubblicate delle mie foto di interni sul sito dell’hotel di un mio amico. Aspetto anche io di vedere il sito finito.
Un pensiero a chi si avvicina ora al mondo della fotografia.
Il mio pensiero è come quando si chiede ad un innamorato di parlare di amore. Non può altro che parlarne bene. La fotografia è un mezzo potente perché può dire molte cose. Può raccontare attraverso il reportage oppure far emozionare attraverso fotografie chiamate Emotive. Consiglio di non scoraggiarsi mai anche se spesso accade perché si vedono veramente dei bei lavori in giro, ma anzi di prendere sempre spunto da chi ne sa più di noi. Ma la cosa più importante è di instaurare un rapporto intimo con la propria macchina fotografica e di trattarla come una cosa preziosa non solo per il valore oggettivo che può avere, ma per le emozioni che può regalare. E le emozioni non hanno prezzo.
Raccontaci un episodio curioso o simpatico legato alla tua esperienza.
Premetto che di episodi ce ne sarebbero talmente tanti da raccontare da poterne fare un libro. La fotografia mi ha dato molta autostima in me stessa perché sentirmi dire che le mie foto "sono belle" dalle persone che le guardano mi fa enormemente piacere e mi sprona a fare sempre meglio (anche perché io riconosco i miei limiti che voglio superare) ma un episodio solo voglio raccontare perché è veramente importante. Voglio dire Grazie alla fotografia e a Libero Musetti perché loro mi hanno salvato la vita nel vero senso del termine. Era il 29 giugno del 2009. Era lunedì. E solitamente il lunedì sera si riunisce il club fotografico dell’Altissimo a Seravezza. Erano circa le 23.20 quando decisi che volevo andare via perché volevo passare alla stazione ferroviaria per ricaricare il cellulare (durante il giorno non avevo avuto un momento libero a causa del lavoro e alle 20.00 di sera tutti i tabaccai erano chiusi) per telefonare ad un amico in occasione del suo compleanno allo scoccare della mezzanotte del 30 giugno. Avevo con me tre fotografie che avrei voluto mostrare durante la serata ma non ho avuto la possibilità di farlo prima. Stavo per andarmene quando Libero Musetti mi trattenne dicendomi di mostrare i miei 3 scatti. Io stavo desistendo un pochino perché avevo urgenza di andarmene, ma alla fine mi ha trattenuta quasi con la forza e ho mostrato le mie foto. Uscimmo tutti dal club alle 23.45 e stavo per fare una corsa in macchina per andare alla stazione quando squillò il mio cellulare. Era mia mamma che mi chiedeva, gridando e piangendo, dove fossi. Io gli dissi che stavo andando a casa di ritorno dal club a Seravezza. Sentii la sua voce sollevarsi e gridarmi di non passare dalla stazione. Come tutti sanno il 29 giugno scoppiarono delle cisterne di GPL alla stazione a Viareggio dove persero la vita 32 persone. Se fossi andata via senza mostrare le mie fotografie, ora non sarei qui, seduta al mio pc a raccontarvi del mio amore per la fotografia. Ogni volta che passo dal cavalca ferrovia e vedo la stazione dall’alto mi viene in mente l’irrealtà che si respirava a Viareggio il giorno dopo e nei giorni a seguire e mi sento mancare il respiro pensando che io sarei potuta essere la 33esima vittima. E il pensiero continuo di noi Viareggini va ogni giorno alle vittime che non ci sono più per colpa di chi ancora non si sa.
Fotografie: © Wanda D'Onofrio
Hai mai avuto riconoscimenti in concorsi fotografici o pubblicazioni delle tue foto su libri o riviste?
Ho avuto qualche foto messa in Home Page su MicroMosso e, per ora, l’unico riconoscimento ufficiale che ho avuto per la partecipazione ad un concorso è stato per il contest de "I 5 SENSI" su MicroMosso. Ho guadagnato la prima posizione con la foto intitolata "In cucina".
Per il momento solo quello perché ripeto, non mi sentivo pronta in precedenza per far pubblicare qualcosa di mio anche mandando fotografie a riviste del settore. Ora che magari mi sento un po’ più sicura, tenterò anche di inviare i miei lavori a qualcuno e chissà... magari viene fuori una bella sorpresa. Sono come un diesel... parto piano, ma quando parto non mi ferma più nessuno dopo...
Quanto tempo dedichi alla fotografia?
Diciamo quanto tempo dedico alle altre cose della vita... la fotografia ha preso il posto centrale della mia vita. Mi ha salvato in due occasioni e non posso non dedicarle tempo. Non voglio non dedicarle tempo. Ci sono periodi in cui sto anche giorni senza toccare la macchina fotografica e senza mettermi al pc a giocare con le mie immagini, ma arriva un momento in cui è come un bisogno fisico. Sento la necessità anche solo di sentir fare CLICK che sono contenta. Una mattina, per esempio, mi sono alzata alle 7.00 perché dovevo andare a lavoro. Mi sono affacciata al terrazzo del giardino e ho visto che a quell’ora c’era uno splendido sole che aveva creato un fascio di luce bellissimo sulla siepe del giardino. Prima ancora di lavarmi il viso ho preso la macchina fotografica e ho premuto click. Non ne ho mai fatto nulla di quella fotografia, ma era solo per la voglia compulsiva di scattare. Dovevo e volevo ricordarmi di quella luce in quel momento. Se poi ci mettiamo anche il fatto che quando vado a dormire la sera, a volte non riesco a prendere sonno perché mi nascono mille e più idee in testa... allora il conto è presto fatto. 24h al giorno per 7 giorni la settimana per 12 mesi l’anno.
Quando rivedi i tuoi vecchi scatti cosa pensi?
Penso che di strada ne ho fatta tanta ma che ne ho ancora moltissima da percorrere. Ma è un viaggio troppo affascinante. E non ho fretta di arrivare già a destinazione. Mi sto gustando il viaggio.
Dove sono pubblicate, sul web, le tue foto?
Ho cominciato a pubblicare su "Corso di Fotografia digitale on line" della De Agostini, dove ho fatto anche delle belle e utili amicizie. Poi pubblico regolarmente su MicroMosso da cui ho imparato che conta la qualità più che la quantità delle fotografie, ragionando su quale pubblicare e cercando di pubblicare una cosa di qualità, quindi mi ha insegnato a prestare più attenzione ai dettagli più che a fare mille scatti. E poi pubblico i miei album su Facebook per condividere anche con i miei amici e altri fotoamatori. Altre pubblicazioni si possono vedere su un sito di arti marziali di Maurizio Pucci e prossimamente verranno pubblicate delle mie foto di interni sul sito dell’hotel di un mio amico. Aspetto anche io di vedere il sito finito.
Un pensiero a chi si avvicina ora al mondo della fotografia.
Il mio pensiero è come quando si chiede ad un innamorato di parlare di amore. Non può altro che parlarne bene. La fotografia è un mezzo potente perché può dire molte cose. Può raccontare attraverso il reportage oppure far emozionare attraverso fotografie chiamate Emotive. Consiglio di non scoraggiarsi mai anche se spesso accade perché si vedono veramente dei bei lavori in giro, ma anzi di prendere sempre spunto da chi ne sa più di noi. Ma la cosa più importante è di instaurare un rapporto intimo con la propria macchina fotografica e di trattarla come una cosa preziosa non solo per il valore oggettivo che può avere, ma per le emozioni che può regalare. E le emozioni non hanno prezzo.
Raccontaci un episodio curioso o simpatico legato alla tua esperienza.
Premetto che di episodi ce ne sarebbero talmente tanti da raccontare da poterne fare un libro. La fotografia mi ha dato molta autostima in me stessa perché sentirmi dire che le mie foto "sono belle" dalle persone che le guardano mi fa enormemente piacere e mi sprona a fare sempre meglio (anche perché io riconosco i miei limiti che voglio superare) ma un episodio solo voglio raccontare perché è veramente importante. Voglio dire Grazie alla fotografia e a Libero Musetti perché loro mi hanno salvato la vita nel vero senso del termine. Era il 29 giugno del 2009. Era lunedì. E solitamente il lunedì sera si riunisce il club fotografico dell’Altissimo a Seravezza. Erano circa le 23.20 quando decisi che volevo andare via perché volevo passare alla stazione ferroviaria per ricaricare il cellulare (durante il giorno non avevo avuto un momento libero a causa del lavoro e alle 20.00 di sera tutti i tabaccai erano chiusi) per telefonare ad un amico in occasione del suo compleanno allo scoccare della mezzanotte del 30 giugno. Avevo con me tre fotografie che avrei voluto mostrare durante la serata ma non ho avuto la possibilità di farlo prima. Stavo per andarmene quando Libero Musetti mi trattenne dicendomi di mostrare i miei 3 scatti. Io stavo desistendo un pochino perché avevo urgenza di andarmene, ma alla fine mi ha trattenuta quasi con la forza e ho mostrato le mie foto. Uscimmo tutti dal club alle 23.45 e stavo per fare una corsa in macchina per andare alla stazione quando squillò il mio cellulare. Era mia mamma che mi chiedeva, gridando e piangendo, dove fossi. Io gli dissi che stavo andando a casa di ritorno dal club a Seravezza. Sentii la sua voce sollevarsi e gridarmi di non passare dalla stazione. Come tutti sanno il 29 giugno scoppiarono delle cisterne di GPL alla stazione a Viareggio dove persero la vita 32 persone. Se fossi andata via senza mostrare le mie fotografie, ora non sarei qui, seduta al mio pc a raccontarvi del mio amore per la fotografia. Ogni volta che passo dal cavalca ferrovia e vedo la stazione dall’alto mi viene in mente l’irrealtà che si respirava a Viareggio il giorno dopo e nei giorni a seguire e mi sento mancare il respiro pensando che io sarei potuta essere la 33esima vittima. E il pensiero continuo di noi Viareggini va ogni giorno alle vittime che non ci sono più per colpa di chi ancora non si sa.
Fotografie: © Wanda D'Onofrio
Il mio GRAZIE più grande vanno a Libero Musetti e alla Fotografia che mi hanno dato una seconda vita. Grazie anche a Tiziana che mi ha sempre sostenuto e creduto in me in ogni mio piccolo successo e grande insuccesso. Grazie lo devo dire anche Niépce che la fotografia l’ha inventata. E’ proprio il caso di dire... FOTOGRAFIA CHE PASSIONE.
Grazie anche a Libero Api che mi ha dato l’opportunità di potermi raccontare in questo spazio a me dedicato. Grazie a quanti ancora vorranno regalarmi il loro tempo per guardare "le mie creazioni" come le chiamo io. E grazie mille anche alla mia miglior modella Adelina. Anche il mio cane ha preso la passione della fotografia e si presta sempre volentieri a posare per me.
Chiudo con una frase che ho letto sulla copertina di un libro di tecnica fotografica: "non c’è fotografia più rimpianta come quella che non abbiamo scattato".
A presto...
Le interviste ai "Fotografi nel Web" sono una rubrica del blog: Dentro al Replay
Grazie anche a Libero Api che mi ha dato l’opportunità di potermi raccontare in questo spazio a me dedicato. Grazie a quanti ancora vorranno regalarmi il loro tempo per guardare "le mie creazioni" come le chiamo io. E grazie mille anche alla mia miglior modella Adelina. Anche il mio cane ha preso la passione della fotografia e si presta sempre volentieri a posare per me.
Chiudo con una frase che ho letto sulla copertina di un libro di tecnica fotografica: "non c’è fotografia più rimpianta come quella che non abbiamo scattato".
A presto...
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Grande Wanda. Un grande spirito, un grande cuore...
RispondiEliminaGrazie amico mio. che piacere leggere il tuo commento :))))
RispondiEliminaBrava Wanda, l'ho detto, hai talento, passione e stile, non disgiunti da determinazione...
RispondiEliminaBrava Wanda. Ho difficoltà ad utilizzare il mio
RispondiElimina50 mm 1.8 proprio perchè è fisso e riesco a lavorare meglio con il 18/70 proprio per la possibilità di avere più possibilità di ripresa ma con la tua testimonianza vedrò di conoscere meglio questa ottica e di sfruttarne tutte le sue potenzialità.
Ciao, Marco.
Auguri per tutti i tuoi progetti futuri.
Ciao Wanda,
RispondiEliminasono rimasto scioccato dal tuo racconto sulla stazione di Viareggio, la tua passione per la foto ti ha regalato una vita.
Complimenti per le tue creazioni.
Silvio
in estremo ritardo ma ringrazio quanti hanno lasciato un loro commento alla mia intervista.
RispondiElimina@ Silvio: è proprio il caso di dire...sì...la fotografia mi ha dato una seconda vita...come non ringraziarla impegnandomi nell'arte di essa? :)
@Marco: avanti e indietro...con le nostre gambe. non c'è migliore zoom laddove si può. :) grazie della lettura a questa mia prima esperienza.
Wanda
Ciao sono Matteo magari non mi conosci ma vorrei essere ritratto da te....
RispondiEliminami piacerebbe vedere cosa vedi in me...
buona notte Матфея твой навсегда
qualunque sia la scelta della corte!
p.s.<----- immancabile ( bellissima intervista)