Maurizio Pigozzo: chi è?
Mi definirei un "fotografo mancato" e potrei chiudere così l’argomento ma, rendendomi conto che la definizione data è troppo generica, cercherò di spiegarmi meglio. Molti anni fa dovetti scegliere tra un lavoro che mi dava una certa sicurezza economica (proseguire nell’attività aziendale di famiglia) o passare alla fotografia intesa come professione. Tra il certo e l’incerto, scelsi la prima soluzione e, quindi, la fotografia finì per restare solo un hobby che, come tutte le passioni, arrivò a toccare tutte le corde del mio essere. Nel 1984, a causa degli impegni lavorativi sempre più pressanti, dovetti abbandonare del tutto la fotografia e per diciannove anni fino al Maggio 2003 non presi più in mano né una macchina fotografica né riviste od altro legato all’immagine fotografica. Sette anni fa venne a trovarmi a casa un vecchio amico, a quel tempo Presidente dell’Ordine degli Architetti della Provincia di Venezia e Direttore di due riviste legate all’Ordine stesso chiedendomi, ricevendo la mia disponibilità, l’uso di alcuni negativi per la pubblicazione su tali riviste a compendio di articoli in preparazione. Quando vidi in copertina una mia vecchia foto in biancoenero degli anni ‘70 mi commossi talmente che decisi di riaprire il discorso legato alla fotografia. Rimisi su una camera oscura e ricominciai a scattare immergendomi, nuovamente, in questo mondo fantastico. Come si sa, però, non tutte le ciambelle riescono con il buco, e trovai un’amara sorpresa: a causa dell’insorgere del digitale, i chimici per la stampa a colori non esistevano più. Fu un brutto colpo ma la decisione di ricominciare era stata presa. Ripresi ad operare, esclusivamente, con il vecchio e caro biancoenero lasciando da parte il digitale.
Quando hai iniziato a fotografare?
Posso dire che tutto nacque dalla visione di "Blow up", nel 1966, non tanto per la trama del capolavoro di Antonioni, quanto per la figura, dallo spirito anarcoide, del fotografo protagonista (Thomas). Il film fece nascere in me la sensazione che poteva bastare l’obiettivo di una macchina fotografica a rivelare aspetti della vita reale che l’occhio non era capace di cogliere. Erano gli anni del boom della fotografia e delle riviste fotografiche, molti giovani d’allora cominciarono ad appassionarsi all’arte fotografica cercando, con l’ausilio della pellicola, di svelare i piccoli misteri della loro vita quotidiana. Io, in particolare, fui attratto dalla luce rossa e dagli "odori" della camera oscura, di quel luogo così misterioso in cui nascevano, grazie alla combinazione di vari prodotti chimici, le MIE foto!!! Dopo aver iniziato a stampare in bianconero fui tentato dalla stampa a colori e, con la nascita del sistema Cibachrome, potei soddisfare tale desiderio. Mi ricordo lo stupore e l’emozione che provavo e provo ancora oggi, con la medesima intensità, ogni volta che l’immagine dopo un lungo travaglio, piano piano, emerge dal rivelatore... un’emozione così forte da non riuscire a descriverla con semplici parole.
Quale genere ti piace maggiormente fotografare?
All’inizio, nei primi anni ’70, privilegiavo la fotografia figurativa (paesaggi e ritratti); il colore, in questa tipologia d’immagini, mi aiutava molto rendendo più semplice la visualizzazione all’osservatore. La difficoltà maggiore era quella di riprodurre la realtà visiva che andavo a riprendere in modo tale da non farla risultare banale né tanto meno stucchevole. Cercavo di trovare inquadrature un po' diverse da quelle che, all’epoca, si vedevano in giro... in genere prediligevo colori saturi pur non disdegnando l’uso di tonalità dai toni più tenui dove ritenevo che ce ne fosse bisogno. Nel Maggio 2003, dopo la lunga pausa, dovetti, gioco forza, pensare a fotografare esclusivamente in biancoenero, mi ricordo quel primo rullino... era novembre, cercai di fissare sulla carta l’atmosfera da favola che si era creata nel parco di Villa Belvedere a Mirano... la nebbia che avvolgeva come in una spirale il Castelletto... quella domenica uggiosa con le foglie che, cadendo, andavano a formare un tappeto infinito... Sviluppai, subito, l’Ilford FP4 dandomi da fare a stampare i provini a contatto, dopo una veloce valutazione decisi di stampare quattro immagini che, anche se tecnicamente riuscite, mi lasciarono alquanto interdetto, in esse non c’era pathos, le trovavo melense, banali... quel filone "pastorale" non era in sintonia con il mio pensiero... Passarono alcune settimane... Un bel giorno acquistai un CD di Randy Weston, noto musicista jazz, intitolato "Khepera". Leggendo le note di copertina scoprii il significato di tale parola esotica: "Khepera", antico geroglifico egiziano significante "la trasformazione", trasformazione di tutte le cose. Fu un’illuminazione! Decisi di dare uno sguardo verso l’irreale, di riprendere, a modo mio, tutto ciò che si andava ponendo davanti all’obbiettivo, visualizzando e accostandomi al soggetto con occhio diverso, più selettivo. Gli oggetti perdevano la loro ragion d’essere per divenire intersezioni di linee con ombre che assumevano neri intensi, quasi catramosi. Scrutavo al loro interno, cercandone, dove era possibile, l’anima, l’origine, la materia, magari trasformando il banale nell’interessante, l’invisibile nel visibile. Il soggetto/oggetto cambiava pelle, diventava un polo d’attrazione per lo sguardo, spesso superficiale, dell’osservatore distratto. "Khepera", parola magica, è stata la molla che mi ha proiettato verso nuovi orizzonti e inusitate tendenze. Il "particolare", da quel momento, è diventato il mio soggetto preferito.
Hai fatto qualche corso di fotografia?
No, nessun corso né Scuole di Fotografia. Autodidatta, per me essenziali sono stati i due libri di Ansel Adams intitolati "Il negativo" e "La stampa", due volumi che, ancora oggi, consiglio vivamente a chi intenda lavorare in analogico.
Quali sono i fotografi del passato e del presente che più apprezzi?
Tra i fotografi che penso essere più in sintonia con il mio modo di "fare" fotografia colloco al primo posto, senza alcun dubbio, l’americano Aaron Siskind (1903/1991) per le sue immagini che riportano all’espressionismo astratto in voga negli anni ’50. Ci sono altri grandi artisti dell’immagine che ammiro per le loro sperimentazioni, con o senza macchina fotografica, tra questi non posso dimenticare un artista poliedrico come Luigi Veronesi (1908/1998) che riusciva a far compenetrare pittura e fotografia trovando, spesso, astrazioni geometriche di rara bellezza. Oltre a questo Maestro trovo molto interessanti le opere di un altro immenso Autore: Mario Giacomelli (1925/2000) e i contemporanei Nino Migliori, Paolo Gioli, Mario Cresci e il "colorista" per eccellenza Franco Fontana. A questi aggiungo un mio grande concittadino: Sergio Del Pero, grandissimo Maestro che ha operato negli anni '50-'60, vincitore d’innumerevoli concorsi e Socio del Circolo Fotografico "La Gondola".
Che attrezzatura fotografica hai usato nel passato, e quale stai attualmente utilizzando?
Lavorando esclusivamente in analogico tutto il mio "parco" macchine risulta datato e, purtroppo, fuori produzione. La prima fotocamera che utilizzai fu una splendida Zeiss Ikon Contarex Ciclope del 1958 (acquistata usata) corredata da ottiche che si collocano ancora oggi ai vertici fra quelle prodotte per le reflex 35 mm. Un po’ di tempo dopo volli accostare al classico 24x36 anche un apparecchio di medio formato, trovai (sempre usata) una Koni Omega Rapid 6x7 cm. a telemetro, dotata di dorsi ed obiettivi intercambiabili. Posso ritenermi fortunato d’averla scovata in quanto molto presto la Koni si estinse a causa del costo proibitivo degli otturatori che divennero gradualmente più cari da produrre del resto della fotocamera. Nel 1980 acquistai una Hasselblad 500ELM, con motore di avanzamento elettrico incorporato, corredata da alcune ottiche e, noblesse oblige da un robusto treppiede per sostenerla. Nel 1981 acquistai due corpi macchina e varie ottiche di quella che all’epoca era considerata un apparecchio di riferimento in ambito professionale: la mitica Nikon F3, automatica. Questo modello introdusse l’automatismo a priorità di diaframmi. Disegnata da Giorgetto Giugiaro venne prodotta, in varie versioni, fino al 2000 anno in cui, per celebrare i 20 anni di produzione, fu introdotta sul mercato una versione commemorativa, venduta in un cofanetto di legno denominata "F3 Hp 1980-2000". Quando nel 2003 ricominciai ad interessarmi, nuovamente, di fotografia mi feci subito un regalo: acquistai, usato ma in splendide condizioni, un eccezionale apparecchio medio formato supergrandangolare: la favolosa Hasselblad 903 SWC. L’Hasselblad prese il classico obiettivo Zeiss Biogon 38mm f/4,5 e lo montò in un barilotto dotato di otturatore a lamelle ottenendo, così, una fotocamera adattissima per riprese in spazi ristretti, ideale per fotografie in interni oltre che essere eccellente per lavori più generici. L’obiettivo Zeiss Biogon ha un angolo di copertura di 90° in diagonale, ossia di 72° in orizzontale per l’intero formato 6x6. L’obiettivo, in possesso di un’eccellente trasmissione luminosa, non richiede speciali filtri graduati concentrici per compensare la caduta di luce ai bordi tipica dei supergrandangolari. L’ultimo mio acquisto (2005) è stato un altro modello Hasselblad, la 503 CW, dal funzionamento affidabile completamente meccanico, con otturatore centrale e tempi di esposizione compresi fra 1 secondo e 1/500 di secondo.
Quali sono gli scatti ai quali sei particolarmente legato?
Potrò sembrare retorico ma devo dire che sono legato a tutte le mie foto. Scelgo, allora, due immagini che possono rappresentare una (Così, lieve...) il primo periodo, quello legato alla fotografia figurativa...
...e l’altra (Khepera) a raffigurare l’attuale mio modo di operare sempre più vicino alla trasformazione dell’oggetto/soggetto e all’astrattismo.
Quali sono i tuoi progetti attuali e quali quelli per il futuro?
Attualmente sto ultimando un lavoro, avviato due anni fa ed a cui tengo molto, relativo ai sogni, speriamo bene... Oltre a questo è possibile che possa esporre in alcune gallerie italiane, vedremo...
Hai mai esposto le tue immagini in mostre fotografiche personali o collettive?
Nei primi anni ’80 ho esposto perlopiù nel Triveneto. Nel 2008 (5 Aprile–3 Maggio) ho tenuto una Mostra personale a Roma, con la pubblicazione del relativo catalogo, presso la GALLERIA GALLERATI, via Apuania, 55 con un buon successo sia di pubblico che di critica.
Hai mai avuto riconoscimenti in concorsi fotografici o pubblicazioni delle tue foto su libri o riviste?
Non ho mai partecipato a concorsi. Sono stato pubblicato su riviste specializzate in Architettura (AV e VIVERE A VENEZIA nel 2002) e su riviste di Fotografia (n°4/2008 di FOTOGRAFIA REFLEX e sul n°45 di GENTE DI FOTOGRAFIA).
Quanto tempo dedichi alla fotografia?
Alla fotografia cerco di dedicare parecchio del mio, pochissimo, tempo libero sperando di poter dedicarne molto di più quando, tra non molto, andrò in pensione.
Raccontaci un episodio curioso o simpatico legato alla tua esperienza.
In questo momento non mi viene in mente nulla di particolare se non un piccolo episodio in cui io vi entro solo marginalmente: molti anni fa un mio caro amico (che di fotografia non si era mai interessato) mi chiese alcune immagini per partecipare, a suo nome, ad un concorso interno all’azienda dove lavorava, gli diedi tre foto accennandoli che le avevo scattate usando un grandangolare. Con una di queste foto vinse il concorso e con un’altra si piazzò secondo. Al momento della premiazione, salito sul palco per ricevere la coppa assegnata al vincitore, il presentatore gli chiese, fra le altre cose, con che ottica avesse lavorato e lui come risposta, non ricordandosi più esattamente quanto io gli dissi, rispose: "con un obiettivo QUADRIFONICO" provocando, così, ilarità in tutta la sala.
Quando rivedi i tuoi vecchi scatti cosa pensi?
Generalmente mi toccano ancora il cuore, continuano ad emozionarmi, mi riportano indietro nel tempo ricordandomi gli eventuali problemi che dovetti risolvere, l’atmosfera, l’umore, il "quid" dello scatto e se poi penso a "quanta acqua è passata sotto i ponti"...
Dove sono pubblicate, sul web, le tue foto?
Innanzitutto sul mio sito all’indirizzo http://www.mauriziopigozzo.com dove, se avrete tempo e voglia, potrete trovare immagini, testi e notizie inerenti i miei lavori fotografici. Saranno gradite critiche e commenti. Altri portali dove potrete trovare miei lavori sono: artmajeur.com, equilibriarte.org, flickr.com, fotoantologia.it, fotoarts.org, fotografionline.com, fotonicamente.it, fotonordest.com, lafotonline.net, oltrelafoto.com, photo4u.org, usefilm.com. In aggiunta a questi links, anche su http://www.fotologie.it/pigozzo.html con una recensione del critico fotografico Fausto Raschiatore.
Un pensiero a chi si avvicina ora al mondo della fotografia.
Da molti sento dire che con l’esplosione del digitale si scatta "a raffica", ci si vanta di aver prodotto centinaia di foto come se quantità facesse pari con qualità... A chi inizia a fotografare (anche e, sopratutto a chi opera con il digitale) vorrei consigliare di pensare con il proprio cervello, di non affidare totalmente all’elettronica la gestione dello scatto, di lavorare come se si stesse operando con una strumentazione analogica. Chiudo l’argomento con un dato personale: negli ultimi due anni ho realizzato, pur uscendo spesso a caccia d’immagini, una trentina di stampe scartando circa il 10% di quanto presente sui negativi.
Fotografie: © Maurizio Pigozzo
Mi definirei un "fotografo mancato" e potrei chiudere così l’argomento ma, rendendomi conto che la definizione data è troppo generica, cercherò di spiegarmi meglio. Molti anni fa dovetti scegliere tra un lavoro che mi dava una certa sicurezza economica (proseguire nell’attività aziendale di famiglia) o passare alla fotografia intesa come professione. Tra il certo e l’incerto, scelsi la prima soluzione e, quindi, la fotografia finì per restare solo un hobby che, come tutte le passioni, arrivò a toccare tutte le corde del mio essere. Nel 1984, a causa degli impegni lavorativi sempre più pressanti, dovetti abbandonare del tutto la fotografia e per diciannove anni fino al Maggio 2003 non presi più in mano né una macchina fotografica né riviste od altro legato all’immagine fotografica. Sette anni fa venne a trovarmi a casa un vecchio amico, a quel tempo Presidente dell’Ordine degli Architetti della Provincia di Venezia e Direttore di due riviste legate all’Ordine stesso chiedendomi, ricevendo la mia disponibilità, l’uso di alcuni negativi per la pubblicazione su tali riviste a compendio di articoli in preparazione. Quando vidi in copertina una mia vecchia foto in biancoenero degli anni ‘70 mi commossi talmente che decisi di riaprire il discorso legato alla fotografia. Rimisi su una camera oscura e ricominciai a scattare immergendomi, nuovamente, in questo mondo fantastico. Come si sa, però, non tutte le ciambelle riescono con il buco, e trovai un’amara sorpresa: a causa dell’insorgere del digitale, i chimici per la stampa a colori non esistevano più. Fu un brutto colpo ma la decisione di ricominciare era stata presa. Ripresi ad operare, esclusivamente, con il vecchio e caro biancoenero lasciando da parte il digitale.
Quando hai iniziato a fotografare?
Posso dire che tutto nacque dalla visione di "Blow up", nel 1966, non tanto per la trama del capolavoro di Antonioni, quanto per la figura, dallo spirito anarcoide, del fotografo protagonista (Thomas). Il film fece nascere in me la sensazione che poteva bastare l’obiettivo di una macchina fotografica a rivelare aspetti della vita reale che l’occhio non era capace di cogliere. Erano gli anni del boom della fotografia e delle riviste fotografiche, molti giovani d’allora cominciarono ad appassionarsi all’arte fotografica cercando, con l’ausilio della pellicola, di svelare i piccoli misteri della loro vita quotidiana. Io, in particolare, fui attratto dalla luce rossa e dagli "odori" della camera oscura, di quel luogo così misterioso in cui nascevano, grazie alla combinazione di vari prodotti chimici, le MIE foto!!! Dopo aver iniziato a stampare in bianconero fui tentato dalla stampa a colori e, con la nascita del sistema Cibachrome, potei soddisfare tale desiderio. Mi ricordo lo stupore e l’emozione che provavo e provo ancora oggi, con la medesima intensità, ogni volta che l’immagine dopo un lungo travaglio, piano piano, emerge dal rivelatore... un’emozione così forte da non riuscire a descriverla con semplici parole.
Quale genere ti piace maggiormente fotografare?
All’inizio, nei primi anni ’70, privilegiavo la fotografia figurativa (paesaggi e ritratti); il colore, in questa tipologia d’immagini, mi aiutava molto rendendo più semplice la visualizzazione all’osservatore. La difficoltà maggiore era quella di riprodurre la realtà visiva che andavo a riprendere in modo tale da non farla risultare banale né tanto meno stucchevole. Cercavo di trovare inquadrature un po' diverse da quelle che, all’epoca, si vedevano in giro... in genere prediligevo colori saturi pur non disdegnando l’uso di tonalità dai toni più tenui dove ritenevo che ce ne fosse bisogno. Nel Maggio 2003, dopo la lunga pausa, dovetti, gioco forza, pensare a fotografare esclusivamente in biancoenero, mi ricordo quel primo rullino... era novembre, cercai di fissare sulla carta l’atmosfera da favola che si era creata nel parco di Villa Belvedere a Mirano... la nebbia che avvolgeva come in una spirale il Castelletto... quella domenica uggiosa con le foglie che, cadendo, andavano a formare un tappeto infinito... Sviluppai, subito, l’Ilford FP4 dandomi da fare a stampare i provini a contatto, dopo una veloce valutazione decisi di stampare quattro immagini che, anche se tecnicamente riuscite, mi lasciarono alquanto interdetto, in esse non c’era pathos, le trovavo melense, banali... quel filone "pastorale" non era in sintonia con il mio pensiero... Passarono alcune settimane... Un bel giorno acquistai un CD di Randy Weston, noto musicista jazz, intitolato "Khepera". Leggendo le note di copertina scoprii il significato di tale parola esotica: "Khepera", antico geroglifico egiziano significante "la trasformazione", trasformazione di tutte le cose. Fu un’illuminazione! Decisi di dare uno sguardo verso l’irreale, di riprendere, a modo mio, tutto ciò che si andava ponendo davanti all’obbiettivo, visualizzando e accostandomi al soggetto con occhio diverso, più selettivo. Gli oggetti perdevano la loro ragion d’essere per divenire intersezioni di linee con ombre che assumevano neri intensi, quasi catramosi. Scrutavo al loro interno, cercandone, dove era possibile, l’anima, l’origine, la materia, magari trasformando il banale nell’interessante, l’invisibile nel visibile. Il soggetto/oggetto cambiava pelle, diventava un polo d’attrazione per lo sguardo, spesso superficiale, dell’osservatore distratto. "Khepera", parola magica, è stata la molla che mi ha proiettato verso nuovi orizzonti e inusitate tendenze. Il "particolare", da quel momento, è diventato il mio soggetto preferito.
Hai fatto qualche corso di fotografia?
No, nessun corso né Scuole di Fotografia. Autodidatta, per me essenziali sono stati i due libri di Ansel Adams intitolati "Il negativo" e "La stampa", due volumi che, ancora oggi, consiglio vivamente a chi intenda lavorare in analogico.
Quali sono i fotografi del passato e del presente che più apprezzi?
Tra i fotografi che penso essere più in sintonia con il mio modo di "fare" fotografia colloco al primo posto, senza alcun dubbio, l’americano Aaron Siskind (1903/1991) per le sue immagini che riportano all’espressionismo astratto in voga negli anni ’50. Ci sono altri grandi artisti dell’immagine che ammiro per le loro sperimentazioni, con o senza macchina fotografica, tra questi non posso dimenticare un artista poliedrico come Luigi Veronesi (1908/1998) che riusciva a far compenetrare pittura e fotografia trovando, spesso, astrazioni geometriche di rara bellezza. Oltre a questo Maestro trovo molto interessanti le opere di un altro immenso Autore: Mario Giacomelli (1925/2000) e i contemporanei Nino Migliori, Paolo Gioli, Mario Cresci e il "colorista" per eccellenza Franco Fontana. A questi aggiungo un mio grande concittadino: Sergio Del Pero, grandissimo Maestro che ha operato negli anni '50-'60, vincitore d’innumerevoli concorsi e Socio del Circolo Fotografico "La Gondola".
Che attrezzatura fotografica hai usato nel passato, e quale stai attualmente utilizzando?
Lavorando esclusivamente in analogico tutto il mio "parco" macchine risulta datato e, purtroppo, fuori produzione. La prima fotocamera che utilizzai fu una splendida Zeiss Ikon Contarex Ciclope del 1958 (acquistata usata) corredata da ottiche che si collocano ancora oggi ai vertici fra quelle prodotte per le reflex 35 mm. Un po’ di tempo dopo volli accostare al classico 24x36 anche un apparecchio di medio formato, trovai (sempre usata) una Koni Omega Rapid 6x7 cm. a telemetro, dotata di dorsi ed obiettivi intercambiabili. Posso ritenermi fortunato d’averla scovata in quanto molto presto la Koni si estinse a causa del costo proibitivo degli otturatori che divennero gradualmente più cari da produrre del resto della fotocamera. Nel 1980 acquistai una Hasselblad 500ELM, con motore di avanzamento elettrico incorporato, corredata da alcune ottiche e, noblesse oblige da un robusto treppiede per sostenerla. Nel 1981 acquistai due corpi macchina e varie ottiche di quella che all’epoca era considerata un apparecchio di riferimento in ambito professionale: la mitica Nikon F3, automatica. Questo modello introdusse l’automatismo a priorità di diaframmi. Disegnata da Giorgetto Giugiaro venne prodotta, in varie versioni, fino al 2000 anno in cui, per celebrare i 20 anni di produzione, fu introdotta sul mercato una versione commemorativa, venduta in un cofanetto di legno denominata "F3 Hp 1980-2000". Quando nel 2003 ricominciai ad interessarmi, nuovamente, di fotografia mi feci subito un regalo: acquistai, usato ma in splendide condizioni, un eccezionale apparecchio medio formato supergrandangolare: la favolosa Hasselblad 903 SWC. L’Hasselblad prese il classico obiettivo Zeiss Biogon 38mm f/4,5 e lo montò in un barilotto dotato di otturatore a lamelle ottenendo, così, una fotocamera adattissima per riprese in spazi ristretti, ideale per fotografie in interni oltre che essere eccellente per lavori più generici. L’obiettivo Zeiss Biogon ha un angolo di copertura di 90° in diagonale, ossia di 72° in orizzontale per l’intero formato 6x6. L’obiettivo, in possesso di un’eccellente trasmissione luminosa, non richiede speciali filtri graduati concentrici per compensare la caduta di luce ai bordi tipica dei supergrandangolari. L’ultimo mio acquisto (2005) è stato un altro modello Hasselblad, la 503 CW, dal funzionamento affidabile completamente meccanico, con otturatore centrale e tempi di esposizione compresi fra 1 secondo e 1/500 di secondo.
Quali sono gli scatti ai quali sei particolarmente legato?
Potrò sembrare retorico ma devo dire che sono legato a tutte le mie foto. Scelgo, allora, due immagini che possono rappresentare una (Così, lieve...) il primo periodo, quello legato alla fotografia figurativa...
...e l’altra (Khepera) a raffigurare l’attuale mio modo di operare sempre più vicino alla trasformazione dell’oggetto/soggetto e all’astrattismo.
Quali sono i tuoi progetti attuali e quali quelli per il futuro?
Attualmente sto ultimando un lavoro, avviato due anni fa ed a cui tengo molto, relativo ai sogni, speriamo bene... Oltre a questo è possibile che possa esporre in alcune gallerie italiane, vedremo...
Hai mai esposto le tue immagini in mostre fotografiche personali o collettive?
Nei primi anni ’80 ho esposto perlopiù nel Triveneto. Nel 2008 (5 Aprile–3 Maggio) ho tenuto una Mostra personale a Roma, con la pubblicazione del relativo catalogo, presso la GALLERIA GALLERATI, via Apuania, 55 con un buon successo sia di pubblico che di critica.
Hai mai avuto riconoscimenti in concorsi fotografici o pubblicazioni delle tue foto su libri o riviste?
Non ho mai partecipato a concorsi. Sono stato pubblicato su riviste specializzate in Architettura (AV e VIVERE A VENEZIA nel 2002) e su riviste di Fotografia (n°4/2008 di FOTOGRAFIA REFLEX e sul n°45 di GENTE DI FOTOGRAFIA).
Quanto tempo dedichi alla fotografia?
Alla fotografia cerco di dedicare parecchio del mio, pochissimo, tempo libero sperando di poter dedicarne molto di più quando, tra non molto, andrò in pensione.
Raccontaci un episodio curioso o simpatico legato alla tua esperienza.
In questo momento non mi viene in mente nulla di particolare se non un piccolo episodio in cui io vi entro solo marginalmente: molti anni fa un mio caro amico (che di fotografia non si era mai interessato) mi chiese alcune immagini per partecipare, a suo nome, ad un concorso interno all’azienda dove lavorava, gli diedi tre foto accennandoli che le avevo scattate usando un grandangolare. Con una di queste foto vinse il concorso e con un’altra si piazzò secondo. Al momento della premiazione, salito sul palco per ricevere la coppa assegnata al vincitore, il presentatore gli chiese, fra le altre cose, con che ottica avesse lavorato e lui come risposta, non ricordandosi più esattamente quanto io gli dissi, rispose: "con un obiettivo QUADRIFONICO" provocando, così, ilarità in tutta la sala.
Quando rivedi i tuoi vecchi scatti cosa pensi?
Generalmente mi toccano ancora il cuore, continuano ad emozionarmi, mi riportano indietro nel tempo ricordandomi gli eventuali problemi che dovetti risolvere, l’atmosfera, l’umore, il "quid" dello scatto e se poi penso a "quanta acqua è passata sotto i ponti"...
Dove sono pubblicate, sul web, le tue foto?
Innanzitutto sul mio sito all’indirizzo http://www.mauriziopigozzo.com dove, se avrete tempo e voglia, potrete trovare immagini, testi e notizie inerenti i miei lavori fotografici. Saranno gradite critiche e commenti. Altri portali dove potrete trovare miei lavori sono: artmajeur.com, equilibriarte.org, flickr.com, fotoantologia.it, fotoarts.org, fotografionline.com, fotonicamente.it, fotonordest.com, lafotonline.net, oltrelafoto.com, photo4u.org, usefilm.com. In aggiunta a questi links, anche su http://www.fotologie.it/pigozzo.html con una recensione del critico fotografico Fausto Raschiatore.
Un pensiero a chi si avvicina ora al mondo della fotografia.
Da molti sento dire che con l’esplosione del digitale si scatta "a raffica", ci si vanta di aver prodotto centinaia di foto come se quantità facesse pari con qualità... A chi inizia a fotografare (anche e, sopratutto a chi opera con il digitale) vorrei consigliare di pensare con il proprio cervello, di non affidare totalmente all’elettronica la gestione dello scatto, di lavorare come se si stesse operando con una strumentazione analogica. Chiudo l’argomento con un dato personale: negli ultimi due anni ho realizzato, pur uscendo spesso a caccia d’immagini, una trentina di stampe scartando circa il 10% di quanto presente sui negativi.
Fotografie: © Maurizio Pigozzo
Vuoi concludere con un saluto o un ringraziamento?
Gratitudine per mia moglie Milena che mai si sottrae nell’accompagnarmi e nel consigliarmi, con competenza, lungo tutto il processo fotografico, dalla ripresa alla stampa finale.
Un doveroso e particolare ringraziamento a Libero Api per lo spazio così gentilmente concessomi ed un grazie a tutti voi che avete avuto la pazienza e la disponibilità di leggere queste note.
Gratitudine per mia moglie Milena che mai si sottrae nell’accompagnarmi e nel consigliarmi, con competenza, lungo tutto il processo fotografico, dalla ripresa alla stampa finale.
Un doveroso e particolare ringraziamento a Libero Api per lo spazio così gentilmente concessomi ed un grazie a tutti voi che avete avuto la pazienza e la disponibilità di leggere queste note.
Le interviste ai "Fotografi nel Web" sono una rubrica del blog: Dentro al Replay
Ciao Maurizio, ho letto la tua bella, davvero bella intervista, su "Fotografi nel web". Non ne ho lette altre su quello stesso sito ed, in verità, non ho letto tante interviste di fotografi in vita mia. Ma, al di là di questo, quello che si scopre di te è la preparazione, la passione, unite alla voglia e all'ambizione di fare sempre di più e meglio. Mi è piaciuto anche scoprire che l'imput di tutto sia stato il film "Blow up", film mitico, unico, che penso abbia avviato alla pratica fotografica migliaia di giovani di tutto il mondo. Un film capace di trasmettere emozioni forti, in un periodo in cui le emozioni forti erano tante, ci piovevano addosso e ci davano continuamente nuovi stimoli. E ancora oggi a muoverci deve essere la ricerca di emozioni forti, quelle che ogni forma artistica può e deve dare, fotografia compresa.
RispondiEliminaPierluigi Rizziato
Complimenti Maurizio.
RispondiEliminaLa tua vita fotografica è davvero entusiasmante.
Sono sempre più un tuo fan.
Massimo Massarenti
Ciao Maurizio,
RispondiEliminaHo letto con molto piacere l'intervista.
Le tue foto sono tra le poche che riescono ad emozionarmi e credimi, lo dico davvero con il cuore.
Sono immagini che parlano davvero le tue, raccontano storie, suggestionano, come quella della nebbia che hai inserito citando le tue preferite. Ecco, per esempio, in quella fotografia sembra di poterci entrare, sentire odori e rumori, la notte, il freddo, l'umidità.
Sei grandioso.
A presto,
Killa
ti meriti tutto il successo ottenuto e ti auguro caro Maurizio Picozzo una ascesa prodigiosa e riconosciuta finalmente anche dal grande pubblico.
RispondiEliminain quest'epoca dove tutto si, "riduce in poltiglia" leggerti è stato una emozione.
dal profondo del mio cuore sono felice per te, sono davvero soddisfazioni quando qualcuno cerca di scoprire o di capire cosa c'è dietro ad una anche semplice fisicità.
leggere il tuo passato da te raccontato mi sono immedesimata.. quasi una vita parallela nel primo periodo...ed è vero..ci sono gli anni della meditazione..del progetto di cosa vogliamo essere nella vita...e poi le scelte, fra le più, mai leggere da decidere.!!!
rimane il fatto che come dice un proverbio che condivido: chi semina raccoglie.
Le auguro ogni felicità, soddisfazione, e progresso per la sua arte.
cordialmente grazie di avermi fatta partecipe-
Enrica Miglioli
www.enricamiglioli.it
http://picasaweb.google.com/enrica.miglioli/SPERANZASENZAUTOPIACERRETOLAZIALEROMAENRICAMIGLIOLI#
Ciao Maurizio sono Ilenia,
RispondiEliminail disturbo non c'è mai quando si tratta di queste cose.
E' bellissima l'intervista, e spero che avrai tutto il successo di questo mondo, perchè ami la fotografia e lo si vede da ciò che trasmetti attraverso i tuoi scatti.
Un abbraccio,
Ilenia.
Ciao Maurizio,
RispondiEliminatuo fratello ed io aggiungiamo al nostro affetto l'orgoglio non solo per i tuoi successi, ma soprattutto per le emozioni che hai e che sai trasmettere con le tue foto
Stefania e Tullio
Ciao Maurizio, ho letto la tua intervista e penso che tutti i complimenti e le recensioni positive siano tutti veramente meritati.
RispondiEliminaMi congratulo soprattutto per la tua grande umilta' e passione che traspaiono in questa tua intervista e mi auguro che la tua prossima "pensione", ti permetta di dedicarti anima e corpo a questa arte che necessita di grandi autori come te.
Ciao Luca
Gentile signor Maurizio sono la moglie di Gino e Le devo fare i miei più sinceri complimenti per le foto bellissime che ho potuto vedere nel Suo sito. Veramente molto-molto belle anche perchè destano subito piacevoli sensazioni ed emozioni in chi le guarda. Auguri vivissimi per il suo lavoro sui sogni che mi auguro di vedere presto. Spero Lei pubblichi e nesponga presto i Suoi gioielli perchè, mi creda, merita un doveroso successo. La saluto caramente. Orestina
RispondiEliminaHo avuto la fortuna di vedere dal vivo le opere di Khepera , l'immagine digitalizzata non rende la profondità ,le variazioni minime di luce e la matericità di quei chiaro scuri.Vai avanti così , con la passione e la competenza espressa nell'interessante intervista. Sono assolutamente sicuro che la tua arte porterà lontano te e noi che avremo la fortuna di provare a scoprire un poco di noi stessi nell'anima dei tuoi lavori
RispondiEliminaComplimenti davvero!!!
RispondiEliminaBuona continuazione!!
Auguri per tutto cose belle
Ciao Maurizio,
RispondiEliminaho letto l'intervista e visto le
tue foto-opere con molto piacere.
Forti sono le emozioni che ricevo dalle immagini
e anche dalle tue parole,quelle lette e quelle che di persona gentilmente e con amore del tuo hobby mi trasmetti.
Vogli augurarti un grande successo,anche se già hai una passione e Milena.
Rizzo Carlo